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Dr. Dog – Dr. Dog


Fedeli alla linea, ai scarafaggi e al folk più barocco, Dottor Cane ritornano sul proscenio musicale con un disco – denominato proprio “Dr. Dog” – che trasuda magnificenza sonora da ogni sua nota e che rimette in pista la band di Philadelphia dopo un letargo durato quasi sette anni.

Credito: Wyndham Garnett

Il nuovo, omonimo album della formazione statunitense è stato interamente prodotto dal chitarrista di Scott McMicken e trasporta la musicalità dei Nostri verso territori decisamente interessanti, pur se al netto di uno stile che, oramai, rappresenta un vero e proprio marchio di fabbrica per Toby Leaman e soci. “Talk Is Cheap”, per esempio, è stato l'assaggio – oltremodo gustoso – di una tracklist dannatamente variegata, in cui ogni dettaglio sembra essere stato studiato per mesi. Nonostante le (solite) armonie gioiose ei toni (fin troppo) gioviali.

La band a stelle e strisce prende appunti dalla musica pop del passato, utilizzando melodie incontestabili e strati vocali contagiosi che si collocano accanto a degli arrangiamenti che, a loro volta, diventano delle ballate a combustione lenta. Brani rivestiti di semplicità che si trasformano in psichedelia esplosiva. Già.

Perché pezzi quali “Still Can't Believe” e “Fat White Lies” sono alcuni dei momenti più memorabili dell'album. Anche durante questi momenti “teneri”, i Dottor Cane trovano ancora un modo per mostrare la propria crescita come artisti attraverso una scrittura di canzoni che sono quasi commoventi per la loro delicatezza di fondo. L'approccio poetico alla scrittura delle suddette tracce, infatti, costringe la band a rendere ogni verso impattante come il successivo, creando metriche potenti che si abbinano ai loro ganci indimenticabili.

All'interno del disco in questione, la band americana riesce ad esplorare il dolore di essere stati ingannati (“Fine White Lies”) e di guardare un amore – che si pensava potesse essere eterno – svanire lentamente (“What a Night'll Do “). Argomenti tristi, sì, ma i Dottor Cane non lasciare che il crepacuore ostacoli i loro tentativi di andare ben oltre i canoni – piuttosto limitanti – della musica pop. Certo, qua e là vi sono accenni di chitarre folk e tecniche di registrazione lo-fi che rimandano ai primi giorni della band, ma si tratta di episodi che giammai scadono nelle sabbie mobili del già sentito.

Provando a tirare un po' le somme, dunque, potremmo definire la nuova opera dei Dottor Cane come un lavoro vulnerabile che accenna ai due decenni passati della band, mostrando, però, il nuovo lato di una band le cui esplorazioni sonore hanno fornito una sorta di eterna longevità alla formazione di Phila.

In parole povere, quello dei Dottor Cane è un ritorno che convince.



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