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WeWorld: ragazze e donne sole le prime vittime del traffico di esseri umani



«Sono arrivata a Ventimiglia dalla Libia, dopo essere partita due anni fa dal Tigrai, una regione contesa tra Etiopia ed Eritrea dove la sicurezza è ancora estremamente precaria. Sono orfana da quando ero bambina, e per questo sono stata fin da giovanissima costretta dai miei zii a sposare un uomo più grande ea subito mutilazioni genitali». La testimonianza di Danauna ragazza etiope di 23 anni, incinta al sesto mese, arrivata nel centro di Ventimiglia gestito dall'organizzazione WeWorld che supporta ogni giorno uomini, donne, bambini e bambine migranti, mostra in modo evidente chi sono le potenziali vittime del traffico di esseri umani.

Oggi 30 luglio ricorre la Giornata Internazionale contro la tratta di esseri umani. In questa occasione, WeWorld denuncia i rischi e le terribili conseguenze di una piaga diffusa ma silenziosa, che ha numeri in crescita, in Italia e nel mondo, e che ha come principali vittime i più deboli, come donne e bambini. La tratta degli esseri umani è una violazione gravissima dei diritti umani e quasi nessun Paese si salva da questa forma di moderna schiavitù che ha come scopi prevalenti lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, le attività criminali forzate, il prelievo di organi.

A livello globale, sono centinaia di migliaia le persone vittime ogni anno. Nell'Unione europea ogni anno sono più di 7mila le vittime della tratta, due su tre sono donne e ragazze. Ma è in aumento anche il numero degli uomini, sfruttati soprattutto nei lavori forzati. Le vittime sono in genere persone in condizioni di fragilità come i migranti, individui che vivono in situazioni di povertà e provengono da ambienti socioeconomici marginalizzati, da Paesi a basso reddito o da zona di conflitto.

Dal 2016 WeWorld è presente a Ventimiglia, sul confine italo-francese, uno dei punti di snodo più importanti d'Europa all'interno della Rotta Balcanica. Per diverso tempo – ricorda l'organizzazione – la sospensione unilaterale da parte del Governo francese del Trattato di Schengen nel 2015 ha causato il respingimento alla frontiera di migliaia di persone, tra cui donne e minori stranieri non accompagnati, costretti a stazionare a Ventimiglia, rischiando così di cadere vittime di reti criminali che organizzano attraversamenti irregolari e delle frontiere e tratta di esseri umani.

Presso lo spazio di WeWorld a Ventimiglia sono quasi 4000 le persone accolte da novembre 2020 a luglio 2024, di cui 1745 donne, 674 uomini, 1558 minori accompagnati. Aumentano, soprattutto a luglio, gli arrivi dalla rotta libica, di giovani uomini e donne minorenni. Donne e ragazze migranti viaggiano spesso da sole, rischiando più facilmente di essere vittime di tratta, soprattutto per servitù domestica.

L'Unione europea in questi anni ha intrapreso delle azioni per combattere il traffico e lo sfruttamento di esseri umani: in particolare, nel 2011 il Parlamento europeo ha emanato una direttiva (2011/36/UE) concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, volta a reprimere i trafficanti ea dare sostegno a chi subisce la tratta. Ma c'è ancora molto da fare. WeWorld esorta le autorità politiche italiane ed europee ad un impegno maggiore verso questo fenomeno: «L'Italia rimane uno dei principali luoghi di destinazione finale delle vittime della tratta di esseri umani, nonché una tappa di transito per altre mete europee. Proprio per l'estrema mutabilità della situazione, è necessario monitorare il fenomeno, fare rete ed essere presenti alle frontiere», commenta Dina Taddia, consigliera delegata di WeWorld. «Per sradicare la tratta di esseri umani, Bisogna contrapporre alle false promesse dei trafficanti l'impegno concreto per proteggere i diritti delle potenziali vittime, e toglierle così dalla spirale del traffico: il diritto alla vita, a un lavoro dignitoso, alla salute, la libertà da lavori forzati, tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti».

(Foto di Michele Lapini per WeWorld)





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