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ALBUM: STOMP TALK MODSTONE – Pure Purple Pool


Gli Stomp Talk Modstone non amano risparmiarsi, sotto tutti i punti di vista. Parlando del primo album “Mew” di 2 anni fa, beh, non si risparmiarono nel minutaggio, nel numero dei brani e nell'approccio musicale, visto che avevano avuto un raggio di azione musicale capace di portarli a momenti realmente sonici e distorti ad altri in cui l'aspetto più sognante e carezzevole la faceva da padrone. Non si sono mai risparmiati (da quel primo disco ad oggi) nemmeno nel tirar fuori dal cilindro di ogni brano una melodia e un ritornello che non riuscisse a catturarci e, diciamolo senza paura, questo è un pregio e un vanto non da poco. Sì, perché il gruppo giapponese potrà anche essere variegato nella sua proposta ma, accidenti, che ci sia frastuono o che ci sia la dolcezza, ecco che una melodia vincente non manca mai.

Anche in “Pure Purple Pool” la ricca ricetta dei giapponesi è quella appena descritta, più o meno la stessa che avevamo trovato per l'esordio: ben 20 brani, ampio ventaglio sonoro, chitarrone, il santino di Scudi di Kevin che fa capolino dal portafoglio, feedback come se piovesse e poi quelle incredibili melodie che, quando si parla di indie-pop-rock made in Japan, sembrano arrivare con una facilità che lascia sbaloriditi.

Noi siamo qui, in mezzo a un mare sonico in tempesta, in mezzo a chitarre distorte che rimandano ai Veicolo a due ruote motrici, in mezzo a synth ballabili, voci femminili carezzevoli e arcobaleni di zucchero filato che ci rendono tutto dolcissimo. Roba da perdere la testa, perché tante volte pure nella stessa canzone gli elementi si ritrovano, si cercano, si mescolano. Ecco quindi che il nostro consiglio è uno solo, armatevi di tempo per addentrarvi in ​​un simile disco, che una decina di ascolti sono pochi vista la mole di delizie esposte, anche perché se credete di trovarvi canzoni di 2/3 minuti, beh, vi sbagliate di grosso.

E allora ecco il tripudio shoegaze di “What We Want” o “Our Song” che sembrano arrivare direttamente da “Loveless”, l'assalto quasi power-shoegaze di “Hello, New World”, momenti chitarristici più contenuti (“Lucky” o “Dislike Noise”, con una specie di assolo alla Noel Gallagher, giuro), la cascata sonica di “Sunflower”, la devastazione garage post hardcore di “Kill For Me”, i momenti sonici ma nelo stesso tempo avvolgenti e totalizzanti (“Bye, Winding World”), il pop da sol levante iper sonicizzato e ricco di tastiere (“Ghost”)…e potrebbero continuare così, perché in realtà ogni brano avrebbe la sua caratteristica da segnalazione.

Se le scorpacciate non vi piacciono, beh, state alla larga da una simile uscita, ma se, maturo, avete tempo e voglia di shoegaze imbevuto in ritornelli epocali, beh, ecco il disco che fa a caso vostro. Prendere o lasciare. Noi, ovviamente, prendiamo!

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Stomp Talk Modstone: Campo Bandistico



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