Economia Finanza

Guerre di droni e guerre di soldi




Certo, c'è il mondo con il fiato sospeso per quello che sta accadendo in Ucraina e per quello che forse a ore potrebbe succedere in Medioriente tra Israele e Iran. Preoccupano i rischi umanitari e il rischio che la situazione degeneri al punto da innescare per reazione a catena un conflitto su larga scala. Chi però queste cose le vive nelle stanze che contano e decidono ha una preoccupazione in meno e una in più. Quella in meno è che si esclude la possibilità che i conflitti regionali sfuggano di mano al punto da portare a una guerra mondiale, che non avrebbe senso né porterebbe vantaggio a nessuno degli attori coinvolti. Quella in più è che il costo di questi focolari è talmente alto da rendere alla lunga insostenibile per le nazioni militarmente più attrezzate, quelle occidentali nel caso dell'Ucraina e Israele nella contesa con l'Iran. Che la guerra costa un mucchio di soldi non è una novità, ma c'è un fatto nuovo che ha spiazzato analisti e comandi generali e che sta preoccupando non poco i governi. Parliamo dei droni, aggeggi nati come poco più che giocattoli e diventati in breve tempo armi micidiali a bassissimo costo e facile costruzione di cui proprio i Paesi più poveri fanno largo uso nelle loro offensive. Per abbattere servono armi convenzionali, missili che li neutralizzino in volo prima che possano fare danno. La differenza è che un drone costa poche centinaia di euro, il missile intercettore alcune centinaia di migliaia di euro. La notte del 14 aprile in cui l'Iran lanciò su Israele duecento droni, Israele spese quasi un miliardo e mezzo di dollari in missili per impedire che solo uno di loro arrivi sull'obiettivo; la notte del 12 marzo l'Italia spese centomila euro per abbattere dall'incrociatore Duilio in pattugliamento nel Mar Rosso due droni lanciati dai guerriglieri Houthi. Secondo gli esperti, in un anno nei cieli dell'Ucraina sono stati lanciati un milione di droni, i conti sono presto fatti e ripropongono, tremila anni dopo, la leggenda della fionda vincente di Davide contro il gigante Golia.

È fuori dubbio che a oggi il gigante della Nato non possa perdere una guerra, tale è la sua superiorità di armamenti, comincia però a serpeggiare il dubbio che per non perderla si deve dissanguare economicamente. Che se non è proprio la stessa cosa poco ci manca.



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