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Tamberi, missione compiuta. La finale c’è e sabato è un altro giorno



Un volto tesissimo, corrucciato, che l'applauso del pubblico chiamato come suo costume non distende: le vicende degli ultimi giorni, la febbre, il dolore al rene, hanno appesantito l'esplosività proverbiale di Gimbo Tamberi e atterrato, o almeno abbassato non poco , il suo morale: è un Tamberi che fa evidentemente fatica, che salta sentendosi i sassi in tasca, ed è difficile capire quanto pesi il fisico, quanto il morale, quanto quel groviglio di entrambi che è ogni essere umano: prima del primo salto è difficile capire se sia il disagio fisico ad annebbiare la mente e se la prodigiosa testa agonistica di Tamberi possa, nel caso, sopperire e dargli, anche in una situazione così, la capacità di tirare fuori dalle viscere della terra anche le risorse che sembrano non esserci. Il corpo che tradisce e non risponde come avrebbe potuto senza intoppi e come stava facendo fino alla magica notte dell'Europeo di Roma è una cosa difficile da gestire, un'altra tegola dopo tante. L'ora mattutina non è buona, la pedana chissà, e nessuno brilla.

Il primo salto a 2.20 va bene alla prima, ma è evidentemente un salto imballato, la faccia di Gimbo è pessimista, il corpo non si fida di sé stesso e si vede, Tamberi è un libro aperto, tutte le nuvole che passano dentro di lui si vedono come fosse trasparente. Del resto è nel suo stile mostrare le emozioni, lo fa naturalmente. A 2.24 Gimbo chiede l'aiuto del pubblico, la faccia è più determinata, ma la ruga verticale alla radice del naso è lì e non c'è verso di spianarla. L'asticella balla, a lungo, Tamberi la guarda restare su, la faccia del campione torna scura: è il primo a sapere che sfiorarla a una misura inferiore di 13 cm rispetto alla miglior prestazione stagionale mondiale, il 2,37 di poche settimane fa , non rassicura.

Eppure Tamberi riesce a non pensare solo a sé stesso: trova il gesto gentile di consolare il vicecampione del mondo eliminato, ma la nube non passa. Senza errori a 2.24 sono solo in 5, ad aver superato la misura solo in 14, la qualificazione è per 12. È comunque vicina. A 2.27 Gimbo salta urtando con le spalle, le energie sono poche e si vede, il ragazzo che rimbalza come una molla, oggi nelle scarpe di molle non ne ha, alla seconda prova ancora meno, la stanchezza che non può non esserci si fa sentire , Tamberi resta giù bocconi sui sacconi. Lo aveva detto: «Sarà durissima» e lo è stata. Ma anche Barshim fa fatica, al punto in cui la rincorsa piega in curva un crampo o qualcosa d'altro pizzica il polpaccio, si ferma non può fare diversamente. Tamberi è il primo ad accorrere. Lo aiuta, sono amici, fratelli, campioni olimpici ex aequo a Tokyo, sembra che i gemelli diversi sentano all'unisono. S capisce che è solo un crampo. Al secondo tentativo Barshim passai i 2.27. Tamberi alla terza prova gli si arrende, ma il tentativo è un po' meno peggio dei primi due. Ora non resta che aspettare. Basta che due non saltino e la qualificazione c'è. E, in effetti, arriva quasi subito.

L'inizio della sua nuova avventura olimpica, tanto, forse troppo, sognata, non è come Gimbo l'aveva immaginata nei suoi sogni migliori, ma non è neppure l'eliminazione che aveva temuto nei suoi peggiori incubi. Gian Marco ha il cappuccio in testa e una faccia che sembra dipinta da El Greco, per la magrezza e per il tormento interiore, ma intanto è in finale. Missione compiuta. Sabato in finale si azzera tutto. Sabato è un altro giorno.

E Gian Marco Tamberi per la volontà di esserci che ha dimostrato merita di provare a giocarsela a un altro livello in un giorno nuovo. Non ha più niente da dimostrare al mondo, e tutto quello che verrà sarà in più. Ma, se un po' lo conosciamo, sappiamo che non si accontenterà per questo e che manterrà la sua promessa di dare tutto quello che ha, e forse puro quello che non sa di avere. Forza Gimbo. Il tempo non è molto, ma potrebbe bastare ad asciugare le ali. La finale è sempre un'altra cosa. E si sa che Gimbo Tamberi quando c'è in palio qualcosa che luccica è sempre un altro uomo.

Per il resto è il solito Tamberi, il ragazzo perbene che, ai microfoni Rai, i primi che passano da giorni, dice “grazie” (a chi lo ha sostenuto) e “scusa” (ai compagni per non aver potuto partecipare all'incontro di squadra) e “complimeti” (a Mattia Furlani per il suo bronzo da campione ragazzino). Si capisce che è stanco. Ma si capisce che c'è. E che sabato, corpo permettendo, non chiederà “permesso”.





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