Economia Finanza

Usa e Russia in pressing. “Reagite, non esagerate”




Adelante Pedro, con succo. Difficile pensare che Putin e Biden abbiano letto Manzoni, ma l'ironia della richiesta al cocchiere nei Promessi Sposi, che parla di doppio registro e di ipocrisia, si addice benissimo alle due parti che alla fine scrutano la possibilità di uno scontro micidiale, forse di una guerra mondiale. Ma Putin si è peritato, prima, di fiancheggiare l'asse degli assassini, rifornirli di armi, accendere tutti i possibili falò; Biden, su tutt'altro registro, quello morale del fronte democratico, di cedere tuttavia a molti luoghi comuni che hanno imposto a Israele di combattere con una mano sola. Non importa: adesso che iraniani e Hezbollah si esercitano nella gara di chi promette una fine più sorprendentemente spaventevole a Israele e che ormai ieri si segnalano movimenti di truppe e di mezzi da combattimento sul territorio dell'Iran e dei suoi procuratori, mentre il comandante del Centcom Horila arrivava in Israele, nello stesso tempo Serghei Shoigu, il segretario del consiglio di sicurezza russa arrivava a Teheran.

Secondo l'agenzia Reuters il presidente russo Vladimir Putin Attraverso il suo diplomatico, uno dei più fidi e importanti, ha chiesto al leader supremo, l'Ayatollah Ali Khamenei, di contenere la risposta per l'uccisione del leader di Hamas Haniyeh a Teheran, sconsigliando di attaccare i civili israeliani. Il Cremlino non commenta la rivelazione, ma ha fatto sapere che con l'Iran Shoigu ha parlato dell'uccisione di Haniyeh. Putin l'aveva già condannata, accusando di vigliaccheria e criminalità, e questa è bella, gli assassini mirati. Il rapporto di Putin con tutto il fronte della guerra all'Occidente è fatto di un disegno di dominio prima di tutto europeo che si radica nell'assalto all'Ucraina, proprio come quello iraniano punta innanzitutto a Israele avanzando in tutto il Medioriente e poi nel mondo. Ambedue fronteggiano l'Occidente democratico. Le condoglianze di Putin dopo il 7 ottobre non si sono mai accompagnate a una condanna, anzi, nemmeno tre settimane dopo l'eccidio una delegazione di Hamas era già al Cremlino. A questo si sono succedute una quantità di incontri strategici durante i quali sono stati rinnovati gli accordi già stretti per rifornimenti di armi sofisticate come il sistema di difesa aerea S400 e anche per decine di caccia da combattimento Sukhoi 35, tuttora in fase di fornitura. L'Iran fornisce alla Russia gli stessi micidiali droni che volare basso tanto da non essere identificati prima di suicidarsi su obiettivi come quello in Israele di oggi, un'autostrada civile dove sono state ferite decine di persone che guidano, di cui una in fin di vita.

La Russia disegna col suo intervento la preoccupazione di doversi trovare a fronteggiare uno scontro mondiale incontrollabile. E anche gli Stati Uniti mentre si muovono alla luce del sole le loro navi da guerra ei loro aerei da combattimento pure premono su Israele perché non pretenda di rompere l'assedio soffocante, una catena di minaccia che la circonda da tutte le parti e di fronte alla quale, in modo un po' paradossole, resta in attesa. L'opzione di attaccare a sua volta per lo Stato ebraico è ovviamente sul tavolo, dopo aver subito dal 7 ottobre una serie di aggressioni esistenziali a cui ha solo risposto, e che promettono di riprodursi senza fine. Ma Blinken naturalmente a sua volta punta a contenere la possibilità di uno scontro verticale, e ieri ha ripetuto in modo un po' trasversale, mentre si rivelava che l'Iran e Hezbollah preparano i missili, che prima di tutto Netaynahu dovrebbe lasciare Gaza, uscire. da là e firmare qualsiasi accordo per i rapiti. Certo Biden, e Blinken che ha verbalizzato questi desideri americani anche ieri, comprende benissimo che Hamas non ha nessuna intenzione di consegnare la sua unica assicurazione sulla vita, i rapiti, e che cerca solo il riarmo che può realizzarsi se Bibi decide di lasciare l' indispensabile Tzir Filadelfi, il confine di rifornimento verso l'Egitto.

Lo scenario della grande divisione mondiale in due fronti comunque, anche se ci cerca di metterci qualche cerotto, è di ora in ora più chiaro. Il giornale libanese di Hezbollah Al Akbar mette in prima pagina un bel panorama di Tel Aviv e la minaccia «stiamo arrivando». Ma il tentativo di spargere il panico non funziona, l'esercito ha in questi mesi, insieme alle incredibili operazioni guidate da perfette informazioni, ristabilito la fiducia della gente in Israele. L'esercito è sicuro di sé, l'aviazione in perfetta forma. La discussione sul governo riguarda semmai la disponibilità di Netanyahu a lasciare andare per accettare la richiesta americana di lasciare Gaza. Prospettiva poco realistica, mentre risulta molto attendibile quello che sta diventando un motto mentre si disegna la possibilità di un alternarsi di attacchi da due parti, Hezbollah e Iran: dalla difesa, Israele potrebbe passare all'offensiva. Dipende tutto da quanto le due grandi potenze sono capaci di farsi valere sui fronti di cui fanno parte. E da quanto sia evitabile l'aggressione iraniana che il mondo sciita disegna da tempo, la distruzione di Israele, lo scontro totale, la venuta del Mahdi. Si può semmai contare sui Paesi sunniti che sanno che là sta il vero pericolo.

La Russia sta sprofondando in un una melma storica sempre più profonda, scavata dall'attacco all'Ucraina, e adesso disegnata dall'insieme del «fronte del male» di cui si è fatta protettare. Putin forse anche per questo cerca di fare qualche passo indietro, ma può essere tardi, anzi tardissimo.



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