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Il libro Cuore? Sotto processo, ecco com’è andata



Cuore di Edmondo De Amicis è stato a lungo, con Pinocchio, “il libro” per ragazzi per antonomasia, anche a seguito delle scelte politiche dell'Italia postunitaria in tema di istruzione, che ne fece un veicolo del modello di “italiano” (ma sarebbe meglio dire di “toscano”) da diffondere attraverso la scuola come lingua comune dell'Italia unitalinguisticamente frammentata in diversissimi dialetti e idiomi locali. Com'è naturale che sia, Cuoreche riflette la cultura pedagogica del suo tempo, avverteta come sempre più datata anche per il gusto carico di retorica e di apologhi edificanti, incontra sempre meno la sensibilità contemporanea man mano che il tempo passa e la distanza cresce.

Oggi, sono probabilmente più i cinquantenni a ricordarlo come tramandato da nonni e genitori, già sdrucito nella biblioteca di famiglia, specie se non ricca, e poi riscoperto grazie a un ritorno di fiamma dovuto a traini televisivi nei primi anni Ottanta: da una parte la serie animata giapponese Marco – Dagli Appennini alle Andeprodotta nel 1976 da Nippon Animation, e trasmessa da Fuji Television, ispirata al racconto Dagli Appennini alle Ande estratto da Cuore, disegnata da Hayao Miyazaki, uno dei più grandi maestri dell'animazione giapponese e trasmessa in Italia nel 1982. Dall'altro lo sceneggiato di Comencini del 1984, che vide Johnny Dorelli nei panni del maestro Perboni e nel grembiulino del primo della classe De Rossi un giovanissimo Carlo Calenda, nipote del regista.

Già Umberto Eco non ne amava la retorica, tanto che nel Diario minimo, raccolta imperdibile di saggi ironici del 1963, scrisse un Elogio di Franti, il “cattivo” della classe. Per dire Cuore fa discutere non da ieri.

Non è dunque strano che nei giorni scorsi sia stato oggetto del tradizionale processo storico-letterario di Villa Torlonia(l'anno scorso è toccato alla Rivoluzione francese, in passato anche ai Vitelloni), organizzato a San Mauro di Romagna, luogo d'origine di Giovanni Pascoli, dove Cuore è finito sul banco degli imputati, per uno dei suoi racconti Sangue romagnolo, con l'accusa di aver dato voce a un'immagine non realistica della Romagna neppure del suo tempo.

Vediamo com'è andata. A sostenere la “pubblica accusa”, Roberto Balzani dell'Università di Bologna: «Non chiedo», ha spiegato in qualità di pubblico ministero del processo letterario, «di bruciare Cuore come qualcuno della stampa nazionale ha insinuato, perché per me i libri sono importanti, e questo lo è. Quello di cui accuso di Cuore è di fare ricorso al luogo comune, allo stereotipo, a un regionalismo preconcetto quando invece avrebbe avuto tutta la possibilità di attingere al principio di realtà» Il riferimento di Balzani è soprattutto al racconto Sangue Romagnolo che «descrive una Romagna del pugnale e del coltello tratta da uno modello letterario risalente sin da Guicciardini». Avrebbe potuto, si chiede Balzani, De Amicis far riferimento a fonti diverse, più efficaci? «Sì, poteva farlo, persino da suo fratello Tito De Amicis prefetto di Forlì dal 1884. Il quale in una relazione a Crispi del 1887 descrive bene la Romagna del tempo: “i Repubblicani non vogliono fare la rivoluzione, i delitti superano di poco la media nazionali, mentre imperversano le truffe. Dunque, i romagnoli sono truffaldini ma non sanguinari. Eppure, tutto questo non viene ricevuto da Edmondo De Amicis in Cuore”.

A partire da questi presupposti il ​​prof-Pm, nella sua requisitoria, ha chiesto la condanna: «Di Edmondo De Amicis non perché incapace di fare il romanzo sull'Unità d'Italia ad uso delle scuole, ma perché ha deliberatamente preferito edulcorare la realtà . Edmondo perché non hai dato retta a tuo fratello?».

A replicare alle accuse, in qualità di “avvocato difensore”, è stato Giampaolo Borghello, già docente di Letteratura all'Università di Udine« .Cuore», prova a convincere i giudici popolari, ossia il pubblico della serata, «A differenza di quello che si pensa, il romanzo ha avuto una lunga gestazione, è stato pensato otto anni prima. Appena uscito nel primo anno ha conosciuto 41 edizioni, con l'editore Treves che ne stampava 1000 copie al giorno. Nel 1890 siamo alla centesima edizione, due anni dopo viene tradotto in 14 lingue. A tutti gli effetti lo possiamo definire un bestseller di fine Ottocento. Ma a che cosa è dovuto tutto questo successo? Prima di tutto al ruolo centrale della scuola, in un'epoca nel 1861 che vedeva il 75% della popolazione analfabeta. la scuola è un microcosmo, parte di un tutto sociale interessato dal soffio del Risorgimento. Il quadro è torinese ma diviene universale: nei personaggi (il primo della classe, il povero, il cattivo, il ricco snob, il testardo, il traffichino…) si sono felicemente riconosciuti i lettori di tante epoche e di tanti paesio”. Argomenta Borghello, per poi concludere: «Cuore vuol essere un libro di edificazione, di appassionata esaltazione del bene, della volontà e dell'altruismo. Concludendo citando di De Amicis: 'Ora leggete questo libro ragazzi, spero ne sarete contenti, e vi farà del bene'. Altre parole mi sembrano superflue».

La giuria costituita dal pubblico, ha pronunciato un verdetto di assoluzione, con 443 voti, l'accusa 126, e gli astenuti 146. La sentenza è stata letta dal “presidente del Tribunale”, Miro Gori, fondatore del Processo e direttore di Sammauroindustria, che organizza la manifestazione. Il diritto ovviamente non c'entra, è solo una scusa per fare, in modo divertente e documentato, letteratura.





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