Istruzione

Per risolvere un problema basta il divieto? Riflessione sugli smartphone a scuola. Lettera – Orizzonte Scuola Notizie


Inviato da Francesco Sammarco – Durante l'a.s. 23/24 i miei studenti di I media hanno realizzato una linea del tempo digitale sull'Alto Medioevo; in III media hanno realizzato delle brochure per valorizzare un monumento del territorio e proporre dei tour a fantomatici turisti, in lingua inglese e francese; due volte all'anno, prima delle vacanze natalizie e prima di salutarci per l'estate, abbiamo realizzato tutti insieme e svolto un Kahoot! di ripasso.

In altri anni abbiamo registrato dei video mentre si drammatizzavano i complementi o si metteva in scena Boccaccio, Dante, Manzoni. Abbiamo sfogliato riviste digitali. Abbiamo svolto ricerche con Google Maps, Earth, organizzato viaggi. Tutto con gli smartphone.

Sulle circa 300 ore annuali che un professore di lettere trascorre con i propri studenti, una decina le dedicavo all'uso consapevole del proprio smartphone. Ognuno con il proprio. Non si può imparare a guidare un'automobile solo studiando la teoria, occorre anche fare pratica. Allo stesso modo, per un uso consapevole dello smartphone lo studente deve utilizzare il proprio, collegare le mail, aprire il drive, condividere materiale, avere le giuste app che lo stuzzichino anche quando è sul divano e accanto a Instagram ritrova l'app del dizionario etimologico e di Canva.

Ora non potrò più. È stato vietato. O meglio, è stato imposto il divieto, ufficiale, su tutto il territorio nazionale. Prima era vietato utilizzare lo smartphone per fini non didattici: non si poteva chiamare a casa o scattare foto di nascosto, giustamente. Ora sarà vietato anche per fini didattici: non si potrà più usare le app didattiche, fare ricerche, sfogliare riviste, neanche sotto la guida e la supervisione di un insegnante.
È un paradosso.

Prima erano le singole scuole a decidere se vietarlo o meno, avendo gli strumenti legislativi per farlo, e le capacità per valutare i propri studenti, le famiglie, il territorio. Ora invece non possono più decidere perché gli è stato imposto, dall'alto, da una divinità ancestrale che vuol mettere ordine al mondo annullando il problema con un incantesimo chiamato divieto. Incantesimo che storicamente è stato travolto dal trascorrere del tempo, dalla storia, mostrandosi del tutto inefficace. Non è assolutamente controproducente. Efficace è invece individuare il problema, affrontarlo, arginarlo, aiutare chi ci convive a trovare la soluzione. Sì, perché anche lo studente vorrebbe utilizzare meno lo smartphone o, per lo meno, non effettuare solo per scorrere Instagram o Tiktok. Vorrebbe essere educato ad un uso consapevole di quell'oggettino ricevuto in età pre-adolescente. Vorrebbe sapere cos'altro è in grado di fare.
Suonata la campanella invece tornerà famelico sulle solite app, e così la scuola avrà risolto il problema della dipendenza da smartphone e potremo tutti festeggiare il ritorno alla macchina da scrivere o al calamaio.

Per poi ritrovarci il giorno dopo gli studenti con lo smartphone nascosto nelle tasche dei pantaloni o nello zaino, e saremo costretti a sanzionare come se avesse materiale illegale, perché di questo si tratterà, e non potremo invitarlo a lasciarlo nell'armadietto, perché se si trasgredisce un divieto, come è giusto che sia in una società civile, ci sono delle conseguenze importanti.

E così vengono puniti entrambi. Il docente verrà limitato nell'insegnamento, l'alunno nell'apprendimento. Soprattutto al Sud. Chi frequenta una scuola non dotata di tablet, o vive in una famiglia che non può permetterselo (perché possedere un tablet elude il divieto applicato allo smartphone), potrà dire addio all'uso consapevole dello smartphone, poiché potrà praticare solo fuori dalla scuola, per le solite app commerciali e social. Sembra un discorso banale ma non lo è.

Il divario tra Nord e Sud è considerevole, e molti docenti del Sud riescono (riuscivano), grazie al BYOD, a garantire quel minimo di alfabetizzazione funzionale e digitale che una società avanzata come la nostra dovrebbe esigere dai propri futuri cittadini. Ora non si potrà più. Se la tua scuola ha 100 tablet e una connessione stabile allora il docente potrà, in qualche modo, continuare a responsabilizzare sull'uso degli smartphone (o meglio degli strumenti digitali), il discente apprenderne le potenzialità creative e conoscitive, fare scuola. Se invece la tua scuola non li ha, o ha problemi di connessione, o non tutte le famiglie hanno un tablet, allora potrai dire addio a determinate attività e il docente che si azzardasse a contravvenire al divieto rischierebbe anche una sanzione disciplinare nel momento in cui autorizzasse gli studenti ad utilizzare il proprio smartphone per fini didattici.

Questa è la scuola che vogliamo? Questa la società che vogliamo costruire? Questa l'Italia di domani?
Con rammarico leggo che l'80% dei docenti e il 90% dei genitori concorda con l'imposizione del ministro, imposizione che in quanto tale mina i principi democratici fondamentali come la libertà di insegnamento per il docente, oltre a dimostrarsi anticostituzionale nella misura in cui si scontra con l'articolo 3 della Costituzione.

Le radici del problema, in conclusione, affondano nel cuore incosciente della nostra società che ha perso il senso della nostra Costituzione, e non sarà in grado di recuperarlo col solo ausilio di alcune linee-guida, ma con lo sforzo quotidiano di chi si impegna ad applicare tali principi nell'azione, nell'esempio, ogni giorno della propria vita.



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