Nei villaggi cristiani di Israele: “Pregare e resistere”
Fisico possente, uniforme verde da riservista, bandiera israeliana e americana sulla spalla ed equipaggiamento militare da prima linea. G. è un cristiano, che non vuole fare sapere il suo nome a Hezbollah e si copre il volto con il mefisto per lo stesso motivo. Orgoglioso della sue fede ci aspetta a Fassouta dove fa parte della squadra di pronto intervento. Un villaggio di appena 3500 anime al 99% cristiane, nel nord di Israele, in prima linea davanti al Libano e ai giannizzeri sciiti filo-iraniani. Il nome del piccolo centro è stampato sulla pietra accanto ad una statua della Madonna protetta da una teca. Sul fronte Nord la presenza cristiana è a chiazza di leopardo. Ogni tanto spunta il campanile di una chiesa fra le case sparpagliate a ridosso del Libano.
Alla prima rotonda di Fassouta c'è una statua bianca di Gesù con le braccia aperte, ma più avanti c'è il profeta Elia con la spada fiammeggiante. «Abbiamo voluto Cristo all'ingresso per sottolineare che questo è un villaggio cristiano e ne siamo orgogliosi», spiega G. Tutti lo salutano e l'ex sindaco ci invita in casa per un selfie. Il riservista si inerpica su dei gradini che portano ad una terrazza con vista mozzafiato. «State attenti che se vi vedono Hezbollah spara», avvisa preoccupato un abitante del villaggio. Il riservista ci mostra le colline brulle del Libano «a soli due chilometri. È molto pericoloso». Nella chiesa una ventina di donne pregano e alcune portano la croce al collo. «Sopravviviamo giorno per giorno in prima linea, veramente vicini al confine libanese, ma non cederemo mai», dichiara con fermezza Rima Khoury, che non dimentica gli ostaggi israeliani ancora nella mani di Hamas a Gaza con le foto e dei pupazzi chiusi in una gabbia simbolica. Jish è un altro villaggio a ridosso del Libano abitato per il 55% da cristiani. La chiesa bianca e semplice che lo domina è chiusa e vuota. Troppo pericoloso pregare in un punto così esposto anche se sono stati appena installati all'esterno due rifugi in cemento armato. Shadi Khaloul, ex paracadutista delle Forze di difesa israeliane, è un cristiano aramaico, che parla ancora la lingua di Gesù. Attivista convinto ha fondato una Ong che vede Hezbollah come il diavolo. «Da donatori americani ho fatto arrivare i soldi per le stanze blindate di chi non le aveva ancora – spiega -. Razzi e droni lanciati da Hezbollah ci passano sopra la testa per colpire la base dell'esercito sul monte Meron».
Un video dei giannizzeri di Teheran mostra con un montaggio hollywoodiano dell'obiettivo colpito. «Hezbollah è su tutto questo fronte, davanti a noi, dove la popolazione è stata evacuata», spiega Khaloul indicando una collina con casette bianche, da dove spicca un minareto, sul territorio libanese. «Sono un esercito del terrore, molto più potente di Hamas, con un arsenale di 150mila missili», aggiunge con rabbia. I miliziani sciiti lo hanno messo su una lista nera.
«Duemila chilometri da noi c'è l'Iran. I loro missili balistici possono arrivare fino in Israele. E se questo accadrà lo Stato ebraico risponderà con una rappresaglia diretta sul suolo iraniano. Questa volta sarà davvero una grande guerra».