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La letteratura, uno stimolo a rallentare, contemplare, ascoltare



Cari amici lettoria sorpresa lo scorso 4 agosto papa Francesco ci ha regalato una Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione. Inizialmente il testo era stato pensato per la formazione dei sacerdoti (ecco perché la data del 4 agosto, memoria del Curato d'Ars), ma poi ha voluto estenderlo a quella di «tutti gli agenti pastorali, come pure di qualsiasi cristiano».

Si tratta di un sostanziale “elogio” della letteratura in 44 paragrafi. In particolare, in un'epoca dominata dalla lettura veloce di quanto compare sui social, dove tutto si fagocita in un battito d'occhio, papa Francesco propone una sorta di approccio slow e offre una lunga serie di ragioni per fare della letteratura parte della formazione sacerdotale e cristiana: lungi dall'essere mero intrattenimento, essa aiuta ad ampliare il proprio universo personale, offre «un accesso privilegiato… al cuore della cultura umana e al cuore dell'essere umano», «entra in un rapporto intimo con la nostra esistenza concreta, con le sue tensioni essenziali, con i suoi desideri ei suoi significati», scopre gli abissi che abitano l'uomo, ci educa ad «ascoltare la voce di qualcuno», «dell'altro che ci interpella», «ci rende sensibili al mistero degli altri», insomma allarga la nostra umanità e capacità di interpretare l'umano.

Ho qui richiamato soltanto alcune motivazioni offerte dalla Lettera per valorizzare la letteratura nella formazione; il testo merita però una lettura integrale. L'invito del Papa mi ha fatto tornare alla memoria un episodio divertente – ma istruttivo – che mi è stato raccontato da un confratello prete, grande uomo di cultura.

Ai tempi del suo noviziato (che all'epoca, negli anni '60, durava due anni) era proibito ai novizi leggere libri che non fossero la Bibbia, le vite dei santi, saggi di spiritualità e cose simili: dunque niente romanzi e opere di fantasia, che pure vennero pubblicate dalle allora Edizioni Paoline (oggi San Paolo), in quanto ritenute una “distrazione” per un novizio. Ma – astutamente – il confratello in questione, che era responsabile della biblioteca del noviziato, si faceva mandare di nascosto i romanzi pubblicati, li “travestiva” con copertine di libri di spiritualità e santi e li riponeva nello scaffale più basso, praticamente a livello del pavimento, dove il maestro di noviziato, per via della grossa pancia, non si sarebbe mai chinato a controllare…

L'aneddoto fa intravvedere la fame che allora si aveva di formazione a tutto campo, in tempi in cui si guardava un po' con sospetto tutto ciò che non fosse “ecclesiastico”. Oggi che tutto è facilmente accessibile, paradossalmente la letteratura manca nella formazione sacerdotale, causa – denuncia Francesco – di una «forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri». Un monitorito un po' per tutti: in tempi dove tutto si consuma di fretta, con una smania di efficientismo che «impoverisce la sensibilità e riduce la complessità», abbiamo più che mai bisogno di imparare «a prendere le distanze da ciò che è immediato , a rallentare, a contemplare e ad ascoltare». Anche attraverso le parole della letteratura.

Intanto, in questo numero di Credere ci regaliamo un brano dal Diario di un curato di campagna di Bernanos, dove il protagonista, alla fine della sua tormentata vicenda, scopre che «Tutto è grazia».

Buona lettura!





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