Sport

Prigionieri e confini le obiezioni di Hamas al piano di Blinken


TEL AVIV — L'Egitto prima, il Qatar poi: sullo sfondo, Chicago. La Missione impossibile del segretario di Stato americano Antonio Blinken attraverso il Medio Oriente va avanti: obiettivo dichiarato, raggiungere un compromesso sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani. Scopo di breve termine, impedisce che il Medio Oriente imploda ancora di più mentre i democratici incoronano La mia vita è bella candidata alla Casa Bianca.

Un nuovo giro di colloqui dovrebbe aprirsi al Cairo domani e proseguire venerdì. Non è chiaro se Hamas sarà presente (non c'erano rappresentanti del gruppo a Doha, la scorsa settimana) ma è chiarissimo che al gruppo la bozza discute fra Blinken e Netanyahu martedì qui a Tel Aviv non basta: lo ha detto il portavoce Osama Hamdan , lo ha ribadito il gruppo in una nota di ieri, accusando il presidente americano Joe Biden di aver dato luce verde a Netanyahu per proseguire la guerra e il premier israeliano di «essere responsabile della mancanza di progressi. Il recente accordo è un'inversione di rotta rispetto a quanto concordato il 2 luglio».

Non è un caso che anche in Israele il pessimismo sia la nota prevalente: Netanyahu eeri ha incontrato un gruppo di famiglie di ostaggi e vittime, e ha detto loro di non essere certi che un compromesso verrà raggiunto. Ancora una volta la trattativa è bloccata sulla questione del Corridoio Philadelphi, 14 chilometri di strada al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto. Da qui, per anni, Hamas ha ricevuto armi, munizioni, cibo e materiali tramite i tunnel sotto terra e la complicità degli egiziani. Israele non vuole cederne il controllo: Hamas non accetta la presenza dell'Idf.

Il compromesso su cui si lavora prevede che l'Idf controlli i primi tre chilometri della strada, quelli più vicini al valico israeliano di Kerem Shalom e praticamente deserti. Il resto sarebbe vigilato dall'Egitto con alcuni uomini dell'Autorità nazionale palestinese: senza presenza alcuna di bandiere palestinesi però, scrive il sito Muro. Questa l'idea di fondo: che però non è stata accettata da nessuna delle due parti. Secondo alcune ricostruzioni, il ministro della Difesa Yoav Gallant non ritiene il controllo della strada fondamentale: ma Netanyahu sì. Hamas anche ieri ha ribadito che non accetterà la presenza israeliana.

Ma un secondo tema si affaccia a complicare la partita, almeno secondo i media israeliani: il governo chiede di poter mettere il veto su 65 nomi di prigionieri palestinesi fra quelli che verrebbero rilasciati in cambio degli ostaggi. Anche qui, facile prevedere un “no” di Hamas.

La missione di Lampeggiare ha assunto un ulteriore senso di urgenza ieri, quando Israele si è svegliata alla notizia del ritrovamento di sei cadaveri di ostaggi nei tunnel di Khan Younis – dove da giorni si erano concentrati le operazioni militari – e Gaza al suono del bombardamento di una scuola che secondo l'esercito israeliano veniva usato come centro di comando di Hamas. Almeno dodici i morti fra le persone che si erano rifugiate nella struttura. Ma né la strage né la lenta moria degli ostaggi sembrano smuovere le due parti in causa dalle rispettive posizioni. Sullo sfondo resta la prospettiva di una guerra regionale. L'Iran sembra voler prendere tempo prima di rispondere all'omicidio del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran: ieri un portavoce dei Guardiani della Rivoluzione ha detto all'agenzia di stampa Di più che l'attesa potrebbe essere «lunga».



Source link

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *