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Giacomo Passeri condannato all’ergastolo in Egitto per traffico di stupefacenti. Il fratello: “Siamo scioccati, l’Italia ci aiuti”


Giacomo Passeri31 anni, cresciuto a Pescara e detenuto da un anno al Cairo dopo essere stato fermato in Egitto e accusato di detenzione e traffico internazionale di sostanze stupefacenti, è stato condannato all'ergastolo con 25 anni da scontare nelle prigioni egiziane.

Il processo di primo grado si è celebrato il 19 agosto. E a raccontarlo sono i fratelli di Giacomo, Andrea e Antonio Passeri: “Siamo stupiti e scioccati, un epilogo che non ci saremmo mai aspettati. Lui si è sempre dichiarato innocente, si sente abbandonato”.

Dal 23 agosto, giorno dell'arresto, la famiglia sostiene di non aver avuto un unico contatto telefonico con Passeri e di non aver mai potuto vedere in carcere. Ci sono solo delle lettere, decine, che il detenuto ha scritto dalla sua prigionia ed è riuscito a inviare via Whatsapp ai fratelli fotografandole con i telefoni dei parenti degli altri detenuti. Lettere in cui ha raccontato di essere stato «torturato», «rinchiuso per ore in una cella piena di feci, urina, scarafaggi, con le manette talmente strette da non far più scorrere il sangue nelle dita», trasferito poi in un'altra gabbia con «12 detenuti accusati di omicidio, tentato omicidio», operato d'appendicite e «abbandonato senza cura per giorni», tra agenti che gli «tiravano acqua addosso» e lo «minacciavano in arabo».

“Chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane in mio possesso. Giacomo è ingiustamente trattato lì, si faccia qualcosa per riportarlo al più presto a casa”, è l'appello che ora lanciano Andrea e Antonio.

Un caso, quello di Passeri, seguito dalla Farnesina e dall'Ambasciata italiana al Cairo ma non semplice da gestire. Dall'Italia si sperava in una maggiore clemenza da parte dei giudici egiziani, anche se i reati legati al traffico di stupefacenti sono sempre sanzionati pesantemente dal Cairo.

Passeri ha sempre raccontato di “vivere un incubo per una modica quantità di droga”. Ai suoi fratelli ha parlato di “una modica quantità di marijuana”. Ma le accuse della polizia egiziana che il 23 agosto scorso l'ha fermato in un hotel di Sharm el-Sheik e poi condotto nel carcere di Badr, a nord del Cairo, parlano di altro – e cioè di grosse quantità di droga trovata nella stanza d'albergo e di una rete di importazione illegale di droga per la vendita sul mercato egiziano di cui l'italiano farebbe parte – che hanno portato ora alla pesantissima condanna.

“Giacomo era solo in mezzo a poliziotti egiziani quando è stato fermato. In un rapporto è stato scritto che aveva diverse quantità di droga. Ma questo è quello che dicono loro, non c'erano altri testimoni”, dice Andrea Passeri, che fidandosi delle Le parole del fratello recluso sospetta che contro Giacomo siano state fabbricate si rivelano false. Ci sarebbero però anche dei viaggi, fanno sapere fonti che lavorano sul caso, che Giacomo Passeri avrebbe compiuto avanti e indietro con l'Egitto che avrebbero portato all'accusa relativa alla rete di spaccio di droga. “Il nostro avvocato – aggiunge però il fratello del detenuto – è ancora convinto di poter dimostrare la sua innocenza, ora attendiamo le motivazioni della sentenza”.

Il fratello di Giacomo racconta poi, ripercorrendo il calvario del fratello, che l'interprete si è palesato solo “dopo 6 giorni dal fermo”. Che in un anno l'ultimo contatto con Giacomo, detenuto nel carcere Badr 2, è avvenuto il giorno del suo arresto, “è riuscito a sentirlo mio fratello Marco Antonio”. Poi più niente, solo poche lettere in cui Giacomo parla “della sua innocenza”, denuncia “le pressioni ricevute dai poliziotti per fargli ammettere le sue colpe.

Di come è stato malmenato, dello stato di abbandono dopo la sua operazione d'appendicite. La mia unica speranza è che ora Giacomo torni a casa, vivo”.

L'Ambasciata, anche sulla base delle condizioni di detenzione definita “inumane” dalla famiglia Passeri, si è schierata con il suo avvocato, Ha detto Shabaanper un possibile trasferimento in Italia o un'espulsione dopo la condanna. Il problema è che l'Egitto ha sempre fatto resistenza.

I margini di manovra sono estremamente ridotti. Quando verrà depositata la sentenza di condanna, il legale di Passeri farà ricorso. Poi, quando arriverà la sentenza definitiva che si auspica riduca considerevolmente la condanna si potrà ragionare di come riportare Passeri in Italia.



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