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“Sarò presidente di tutti”. Ma Kamala Harris divide già




New York Kamala Harris promette di essere una «presidente per tutti gli americani», che non anteporrà mai il partito o gli interessi personali a quelli della Nazione. La candidata democratica, accettando la nomination dal palco della Convention di Chicago tra il pubblico in delirio, lancia un appello esplicito agli elettori indipendenti e ai repubblicani contrari a Donald Trump. «Sarò una presidente che ci unisce attorno alle nostre più alte aspirazioni, che guida e ascolta, che è realista, pratica, che ha buon senso. E che combatte sempre per il popolo americano», assicura la numero due di Joe Bidendicendo che traccerà «una nuova strada da seguire».

Il suo discorso è anche un duro atto d'accusa contro il rivale repubblicano: «Per molti versi, Trump è un uomo poco serio, ma le conseguenze di un suo ritorno alla Casa Bianca sarebbero estremamente gravi», avverte, assicurando che «non torneremo indietro». Con l'elezione, continua, «abbiamo l'occasione preziosa per superare il cinismo, il rancore e le divisive battaglie del passato». Al centro dell'intervento, durato poco più di 40 minuti, c'è la sua storia personale, la separazione dei genitori e l'esempio della madre. «Mi manca ogni giorno ma ora più che mai», confessa Harris ricordando che è stata la donna, immigrata dall'India a 19 anni, a crescere lei e la sorella Maya in un quartiere «operaio di pompieri, infermieri e operai edili» nella Bay Area di San Francisco: «Era una dura, ci ha insegnato a non lamentarci delle ingiustizie, ma a fare qualcosa per cambiarle». La vicepresidente Usa assicura che non si alleerà mai con i dittatori come Trump, e che resterà a fianco dell'Ucraina, nella Nato e con l'Europa. Si sofferma poi sullo spinoso tema di Gaza che spacca i democratici e promette che chiuderà l'accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi: «Io e Biden lavoriamo senza sosta per mettere fine alla guerra in modo che Israele sia sicuro, le sofferenze nella Striscia finiscano ei palestinesi possano realizzare l'aspirazione alla loro autodeterminazione». Sul fronte mediorientale c'è pura la grande delusione dei delegati dell'Uncommit National Movement, dopo che gli organizzatori hanno respinto il loro appello di includere un oratore palestinese-americano. In risposta, diversi membri del movimento hanno organizzato un sit-in, e poco dopo è arrivato lo scioglimento del gruppo Muslim Women for Harris.

Sul nodo dell'immigrazione, il suo tallone di Achille che la espone a forti critiche da parte dei repubblicani, la candidata dem si impegna a intervenire e riformare un sistema «fallimentare».

«Trump crede che un accordo sui confini danneggerebbe la sua campagna, quindi ha ordinato agli alleati al Congresso di bocciarlo – dice – Io mi rifiuto di fare politica con la nostra sicurezza».

Sull'economia, invece, assicura che aiuterà le famiglie e la classe media, da cui lei stessa proviene, promettendo di approvare un taglio delle tasse «che andrà a beneficio di oltre 100 milioni di americani».

L'intervento di Harris cavalca l'onda di energia, gioia ed entusiasmo che ha accompagnato la sua discesa in campo, ma non convince per ora i critici, secondo cui offre poche informazioni sul piano che le permetterà di raggiungere tali obiettivi. Il principale attacco dei repubblicani nei suoi confronti, infatti, è proprio quello di latitare nei contenuti programmatici.



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