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Sud impoverito, autonomia e migranti: Meloni teme adesso l’ostilità del mondo cattolico


«Più che preoccupati per i riflessi sul nostro elettorato, siamo stupiti e anche molto». Un deputato di lungo corso di Fratelli d'Italia, uno dei pochi che ha un filo diretto con il cerchio magico meloniano a Palazzo Chigi, riporta così gli umori anche della premier. «Stupore», quello che trapela dai meloniani, che al momento hanno il mandato di non replicare e non alzare i toni. E soprattutto di non seguire la Lega che prima con il governatore veneto Luca Zaia poi con lo stesso Matteo Salvini ha risposto in maniera durissima al vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, Francesco Savino, che ha manifestato tutta la contrarietà dei vescovi italiani alla riforma dell'Autonomia differenziata: una legge che divide il Paese e rischia di rendere ancora più «povero e spopolato» il Mezzogiorno. Un attacco, quello della Cei, che arriva dopo mesi di malumori contro il governo sui temi sociali: dall'immigrazione, all'abolizione del reddito di cittadinanza alla minore attenzione alle fasce deboli del Paese.

Fratelli d'Italia, partito che si pone come aggregatore dei conservatori e dei cattolici, adesso è nuovamente nel mirino dei rappresentanti del mondo cattolico e della Chiesa sull'Autonomia. E questo nuovo scontro in realtà preoccupa la premier e il vertice del partito, alla luce anche di una manovra economica da varare in autunno e che aggraverà probabilmente le tensioni: sul sociale non c'è nulla in agenda, anzi.

Di certo Meloni non si aspettava adesso l'attacco sull'Autonomia. Prima del voto finale alla norma Calderoli la Cei guidata dal cardinale Matteo Zuppi aveva già manifestato la contrarietà dei vescovi: «E infatti avevamo raccolto le loro preoccupazioni e nelle commissioni di merito gli emendamenti di Fratelli d'Italia hanno migliorato, e di molto, il testo iniziale di Calderoli — continua un fedelissimo della Meloni — e abbiamo quindi inserito la previsione che le materie principali, dalla scuola alla sanità, non possono essere delegate alle Regioni se prima non vengono fissati i Livelli essenziali delle prestazioni in tutto il Paese. Di più: abbiamo legato la fissazione del Lep al finanziamento reale per le Regioni che oggi non li raggiungono. Ci sembrava quindi di aver tranquillizzato il mondo cattolico e la Cei e di aver messo le basi per rispondere ai timori per le fasce deboli già espressi: se finanziati i Lep proprio le fasce deboli sono quelle che ne beneficeranno di più». Allora a fare da mediatore tra Cei e governo durante il voto del ddl Caldeoli era stato anche il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano.

Invece negli ultimi giorni sono arrivate altre bordate. Da Palazzo Chigi, dove da tempo vige la sindrome dell'assedio, si sussurra che «anche nella Chiesa ci sono posizioni differenti e ci sono amici del Partito democratico». Il problema è che non emergono le posizioni a favore della riforma, un esempio, ed è difficile far passare Zuppi e Savino come espressioni della sinistra nel mondo cattolico. La premier ei suoi sanno bene che adesso nelle parrocchie del Mezzogiorno soprattutto, ma non solo, i sacerdoti ripeteranno ogni domenica la linea della Cei sull'Autonomia e sulla povertà. Ma al momento da Palazzo Chigi e da chi dirige la comunicazione o vi sovrintende, come il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, non è arrivata l'indicazione da replicare. Nelle chat dei meloniani nessuna linea da tenere. Silenzio, con la giustificazione di non alzare i toni.

La speranza è che la polemica finisce nel giro di pochi giorni e che poi si passa ad altro sui giornali. Nel frattempo però i meloniani proveranno a spiegare ai vescovi che oggi la legge «è buona»: «Se venisse abolita dal referendum del centrosinistra ci sarebbe il liberi tutti e singole regioni potrebbero fare intese con il governo di turno chiedendo l'applicazione del Titolo V della Costituzione», dicono da Fdi. Una strategia messa in difficoltà fin da subito dal principale alleato, la Lega di Matteo Salvini.

Proprio il ledare del Carroccio ieri ha rincarato la dose lo stesso Salvini: «I vescovi italiani (tutti?) sparano a zero contro l'Autonomia. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d'accordo». Aggiungendo rivolto ai suoi elettori: «Che ne pensate degli attacchi dei vescovi?».



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