Tregua a Gaza, l'ultimatum degli Usa: proposta “prendere o lasciare” entro due settimane
L'amministrazione Biden sbotta sui negoziati in Medio OrienteMentre Israele vive il doppio caos della guerra a Gaza e delle protestare dei cittadini per il rilascio degli ostaggi, da Washington giungono segnali di impazienza. Con un tono insolito, infatti, il presidente americano – alla domanda diretta dei giornalisti sull'impegno del leader israeliano nei negoziati – ha risposto un secco”NO“.
Biden e la candidata dem La mia vita è bella questa mattina avremo un incontro con la squadra dei negoziatori Usa sugli ostaggi. La riunione, evidenziano i media americani, si svolge a due giorni dalla notizia del ritrovamento dei cadaveri dei sei ostaggi israeliani, tra cui quello di Hersh Goldberg-Polin, il cittadino americano i cui genitori erano stati accolti sul palco della convenzione di Chicago. La ragione del incontro riguarda il come procedere per raggiungere un accordo che porti alla liberazione dei 101 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, tra cui sette cittadini americani. Su questo punto gli Stati Uniti non accettano più dilazioni temporali. Nella giornata di ieri le famiglie di questi ultimi hanno tenuto un incontro virtuale con il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivane l'inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, di Brett McGurk. La promessa è che i prossimi giorni saranno decisivi, ma Washington da sola non può dirigere i negoziati senza la volontà di Hamas e Tel Aviv.
Ad anticipare l'insofferenza dell'amministrazione Usa per il modo in cui stanno procedendo i negoziati, era stato il Post di Washingtonche ha parlato dell'opzione di un accordo “prendere o lasciare”. Secondo il quotidiano Usa, la Casa Bianca avrebbe discusso con Egitto e Qatar delle linee di una bozza d'intesa che intendono presentare nelle prossime settimane ai due contendenti. Qualora le parti non dovessero ancora raggiungere un'intesa sul rilascio degli ostaggi ei famigerati Corridoi Filadelfia e di NetzarimWashington minaccia la fine della sua mediazione. Un'opzione vagliata, fa sapere un alto funzionario, già dalla prima della tragica notizia di questo fine settimana. Uno sviluppo che non ha alcuna intenzione di far deragliare la pace, bensì mettere urgenza ai due contendenti, mentre la conta dei morti aumenta.
Quanto ai tempi, potrebbero essere molto stretti. Assicitando due fonti a conoscenza diretta di questi sviluppi, sostenendo che Sullivan e McGurk avrebbero informato le famiglie degli ostaggi israelo-americani di non sapere se si arriverà a un accordo, ma che ci sono possibilità e detto di sperare che questo possa avvenire entro due settimane. Difficile immaginare i contorni della nuova proposta: dovrebbe trattarsi di una versione aggiornata della “proposta ponte” americana, concedendo alle parti una settimana per rispondere in modo positivo o negativo. Secondo Sullivan e McGurk la scorsa settimana vi sarebbero stati progressi significativi nei negoziati, in particolare sulle liste degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati nella fase 1. Il testo aggiornato del ponte, inoltre, includerebbe una proposta degli Stati Uniti riguardante esclusivamente il corridoio di Filadelfia, sul quale si spera possano trovare la quadra Israele, Egitto e Hamas.
Tutto tace, invece, sul fronte dell'iniziativa “privata” che le famiglie degli ostaggi hanno intrapreso, ingaggiando Gershon Baskinil celebre negoziatore del caso Shalit, che ha annunciato di aver negoziato privatamente con Hamas e di aver raggiunto un accordo con i miliziani islamici.
L'uomo, infatti, ribadisce di aver avuto conferma da Hamas che l'intera leadership dell'organizzazione sostiene il quadro proposto: porre fine alla guerra in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi, insieme al rilascio dei prigionieri palestinesi e al ritiro israeliano da Gaza. Ma né Hamasì, né Tel Aviv sembrano prendere in considerazione l'opzione e la notizia.