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Noi ebrei boicottati, vittime del silenzio in un orrore senza fine


Caro Direttore,

l'orrore del 7 ottobre sembra non avere più fine. Questa mi sembra essere la semplice constatazione a cui inducono la lettura degli ultimi avvenimenti che riguardano i sei ostaggi di Hamas barbaramente uccisi quando erano ormai a un passo dall'essere liberati. Almog, Alex, Carmel, Eden, Hersh, Ori. Amanti della musica, dei viaggi, della pace. Morti per restare al fianco di una fidanzata ferita, per tornare a salvare gli amici, o soltanto per non riuscire a nascondersi fra gli arbusti. Le cronache li citare ora “ostaggi israeliani”, ma io ricordo che tra le 1200 persone uccisero una per una al Festival musicale nel deserto, nei kibbutz, nelle cittadine a ridosso della Striscia, come tra gli oltre 250 ostaggi che furono presi e trascinati a Gaza, c'erano cittadini che appartenevano a 23 diverse nazionalità ea più fedi religiose: ebrei, certo, ma anche cristiani, musulmani, buddisti, e poi israeliani, arabi, russi, americani, europei, asiatici, segnati agli occhi dei terroristi da quella che per gli antisemiti di ogni epoca è la colpa di essere ebrei o amici degli ebrei. Le ultime sei povere vittime dell'odio antiebraico sono morte, a Gaza, la notte di giovedì mentre la mattina un ostaggio arabo musulmano veniva tratto in salvo dall'esercito di Israele. I suoi carcerieri lo avevano “graziato”, possiamo supporre, perché “non ebreo”.

È giusto difendersi e combattere su più fronti come sta facendo Israele, per impedire che si ripeta lo sconfinamento di migliaia di terroristi impegnati per ore a massacrare, violentare, uccidere civili, dai neonati ai nonni? E fare in modo che in futuro l'Iran, che ha armato e finanziato tutti i gruppi terroristici della regione, dalla Siria allo Yemen, dal Libano a Gaza, non abbia la capacità di distruggere e cancellare dalle mappe Israele, come da sempre minaccia? È accettabile che nel nord di Israele la popolazione sia costretta a subire il lancio indiscriminato e regolare di razzi di Hezbollah? In queste ore, gli israeliani stanno garantendo la distribuzione di vaccini antipolio nella Striscia di Gaza, la somministrazione ai bambini palestinesi in collaborazione con gli organismi internazionali. E mentre a Gaza non c'è segno di una rivolta contro Sinwar e le sue milizie, ei civili si trovano a essere usati come scudi umani nelle scuole e negli ospedali trasformati in postazioni per i lanciarazzi, in Israele assistiamo da settimane a proteste e manifestazioni , a un dibattito politico accesissimo nonostante il Paese sia in guerra, al governo che deve confrontarsi con l'opposizione e la pubblica opinione. E saranno le elezioni a stabilire chi meriti il ​​voto degli israeliani. Israele è una democrazia che si basa sul consenso e garantisce la libertà di parola, i diritti civili e politici. È l'unica democrazia di tutta la regione. Ed è minacciata dai regimi che la circondano. Si è dimenticato che il 7 ottobre è servito, anche all'Iran, per sabotare l'accordo che stava per realizzarsi fra Israele e l'Arabia Saudita. Un'intesa che avrebbe contribuito alla pace e a stabilizzare l'intera regione. E che gli Houthi filo-iraniani attaccano le navi commerciali nel Mar Rosso insidiando il traffico mondiale.

Quel giorno, il 7 ottobre, non si è concluso. Quasi un anno dopo la più atroce mattanza di ebrei e israeliani dalla Seconda guerra mondiale, ideata ed eseguita dentro i confini stessi dello Stato Ebraico in una angosciante e ripetitiva caccia all'uomo (al bambino, alla ragazza, all'anziano), abbiamo dovuto prendere atto dell'esecuzione a bruciapelo, in un tunnel venti metri sotto la superficie di Gaza, di altri ostaggi. Trecentotrenta giorni dopo il 7 ottobre, giorni passati invano: aguzzini e terroristi sono ancora al lavoro. I giovani trucidati hanno tutti tolleranti, prima di morire, l'inferno in terra. Eppure, sul banco degli imputati è Israele. E noi ebrei, in Europa e in tutto il mondo, siamo additati e boicottati. Sempre più difficile è riuscire a squarciare il velo dell'ipocrisia e denunciare il Male che, allora come oggi, ha un complice potentissimo: il silenzio degli altri.



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