Ricette

Addio all’olio dal tonno alle conserve: una scelta che piace ai consumatori


Olio, chi l'ha visto? Perlomeno nelle conserve vegetali e in quelle ittiche dove ce n'è sempre meno. Una scelta dettata dalle ragioni di contenimento dei costi produttivivisto il boom delle quotazioni dell'olio d'oliva (fino al +130% in un paio di anni) ma che poi le aziende di marca hanno riletto in chiave di marketing, facendo di necessità virtù.

Ecco dunque il lancio (e il successo) dei prodotti che si presentano con rivendica come “meno olio” (anche il 70% in meno rispetto alla scatoletta di tonno standard) oppure con brand molto espliciti, come “Zero Olio”. Un messaggio che piace agli italianiattenzione alla riduzione di grassi e calorie, ma anche conquistati dalla praticità di non dover sgocciolare il tonno o le verdure conservate. E sensibile all'idea di evitare sprechi, visto che nella maggior parte dei casi l'olio contenuto in vasetti e scatolette viene scartato e, se non correttamente smaltito, finisce per danneggiare l'ecosistema.

Il successo dei nuovi prodotti

Dunque, salutismo, comodità, zero sprechi e sostenibilità sono le caratteristiche vincenti che, soprattutto nell'ultimo biennio, hanno spinto gli italiani a preferire le conserve con meno olio o che ne sono del tutto prive. Vieni il tonno Filo d'olio di Rio Mareche nel 2023 ha superato i 30 milioni di euro di vendite. «Scoprendo dalle nostre ricerche che in Italia più dell'80% dei consumatori di tonno sgocciola l'olio dalle lattine, nel 2018 abbiamo sviluppato un prodotto che ha solo la quantità di olio sufficiente per mantenere il tonno tenero e compatto – spiega Roberto Meratigeneral manager di Bolton Food.- Oggi possiamo dire che è stata una grande intuizione e un vero successo, visto che tra 2019 e 2023 è cresciuto a un tasso annuo composto medio (Cagr) del 20%».

L'offerta di tonno con meno olio è aumentata di anno in anno e oggi la maggior parte dei brand (da AsdoMar a Nostromo) ha adottato questa formula che sembra mettere d'accordo tutti: produttori, consumatori e ambiente. I primi possono ridurre l'effetto dei maxi rincari delle quote dell'olio d'oliva (+50% in media nella Ue), dettati dalla combinazione di cambiamenti climatici, siccità e agenti patogeni, che ne ha ridotto la produzione e fatto salire i prezzi, tanto che per i confezionatori ittici l'olio di oliva è diventato la seconda voce di costo dopo il confezionamento.

«Diminuire il contenuto di olio delle conserve ittiche ma senza ridurre la quantità di pesce è stata una scelta che è andata incontro anche alle preferenze dei consumatori, orientati verso un'alimentazione equilibrata e impegnati a evitare gli sprechi» commenta Giorgio Rimoldi, direttore generale dell'Ancit (Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare).



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