Economia Finanza

Afghanistan, le donne cantano Bella Ciao contro il divieto di parola dei Talebani


«Bella ciao» come sfogo, inno di liberazione dall'ultima stretta dei Talebani: il divieto alle donne di parlare in pubblico, visto che la loro voce può diventare uno «strumento di vizio». È la protesta che dilaga su X, il vecchio Twitter, con il video di due donne che intonano la canzone partigiana in lingua pasthu. Il video, già condiviso da migliaia di utenti, riecheggia le proteste delle iraniane ai tempi della sollevazione popolare contro l'uccisione della 22enne Mahsa Amini nel 2022. Anche allora, «Bella Ciao» era stata adottata come coro di rivendicazione dei diritti violati dal governo e le restrizioni imposte alla popolazione femminile. Ora è tornata alla ribalta con la censura “vocale” fissata dall'ultimo dei decreti morali imposti dai Talebani, un pacchetto di 35 articoli che includono l'obbligo di silenzio in luoghi pubblici.

La protesta cantata delle donne afghane

Il video è l'espressione più visibile di un movimento di protesta in atto da giorni, con la proliferazione di testimonianze e provocazioni contro il decreto. «Nessun commando, sistema o uomo può chiudere la bocca di una donna afghana» ha dichiarato una 23enne in una clip che la immortala mentre canta fuori di casa un brano dal contenuto politico: «Non sono un salice che trema a ogni soffio di vento, sono dell'Afghanistan».

In altri video compaiono donne che cantano da sole o in gruppo, spesso coperte dal burqa, agganciandosi un hashtag come #myvoiceisnotforbidden e #nototaliban, la mia voce non è proibita e no ai talebani. La protesta ha incassato la solidarietà immediata delle connazionali all'estero, con manifestazioni di vicinanza e video simili prodotti fuori dai confini del Paese centro-asiatico. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno chiesto il ritiro immediato del decreto e le Nazioni Unite parlano di una legge «completamente intollerabile», dopo aver già classificato come «apartheid di genere» il regime che si è imposto nel Paese dopo il ritiro di massa dei partner internazionali nel 2021.



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