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Da Osimhen a Mourinho e Immobile, quanti “italiani” a Istanbul


L'attaccante ex Napoli è solo l'ultimo arrivato. La Turchia è piena di giocatori e tecnici che hanno frequentato a lungo la Serie A. Le storie di Mertens, Ferrari, Piatek e della panchina di Pirlo lo confermano

Mentre il piccolo Victor Osimhen, 8 anni, rincorre un pallone per le vie di Lagos e si prepara a essere notato dagli osservatori della Ultimate Strikers Academy, in un altro continente hanno appena eletto la parola più bella del mondo. Un concorso originale, indetto dalla rivista tedesca Kulturaustausch: ha vinto il termine turco yakamoz che in italiano non si può tradurre con un sostantivo soltanto. È il riflesso della luna sull'acqua, pilastro della cultura turca perché caratteristico delle notti in cui Istanbul decide di farsi irresistibile e mandare la sua cartolina più poetica dal Bosforo. Lo yakamoz affascina e illude, come la città sui due continenti che negli anni ha sedotto e provato a rilanciare un gran numero di ex Serie A. A Istanbul, mai come stavolta, Victor potrà tranquillamente usare l'italiano: giocherà in squadra con “Ciro”, accendendo il derby contro un altro Ciro, inseguendo la corona di re della città che già da un annetto è contesa da due ex Inter. E non solo: c'è chi voleva incontrare la Roma e l'ha persa, come una coincidenza ferroviaria, per un minuto; c'è chi con la Turchia ha guadagnato non solo un contratto per sé, ma anche fatto coinvolgere la fidanzata in tv; chi è rimasto da solo ma non ha problemi nell'orientarsi in città, anche se odia il traffico. E chi in Serie A ha segnato un solo gol. Ma lo ha fatto a San Siro, contro il Milan. Storie italiane riflesse sull'acqua del Bosforo.



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