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Più dialogo e meno estremismi: la ricetta del Papa per la pace



Dialogo, giustizia, armonia, difesa dell'ambiente. Papa Francesco comincia ufficialmente il suo viaggio in Indonesia, dopo che al suo arrivo in nunziatura aveva incontrato in forma privata poveri e senza fissa dimora, parlando a lungo alle autorità del Paese. E ricordando al presidente e ai suoi collaboratori qual è il compito della politica e cioè avere come «obiettivo l'armonia, l'equità, il rispetto dei diritti fondamentali dell'essere umano, uno sviluppo sostenibilela solidarietà e il perseguimento della pace, sia all'interno della società sia con gli altri popoli e Nazioni». Citando il motto del Paese, «Bhinneka tunggal ika» («Uniti nelle diversità», letteralmente «Molti, ma uno») richiama la «realtà multiforme di popoli diversi saldamente uniti in una sola Nazione» e sottolinea «come la grande biodiversità presente in questo arcipelago è fonte di ricchezza e splendore, analogamente le differenze specifiche contribuiscono a formare un magnifico mosaico, nel quale ogni tessera è elemento insostituibile per comporre una grande opera originale e preziosa».

Ma questa armonia «nel rispetto delle diversità», continua il Pontefice, «si raggiunge quando ogni visione particolare tiene conto delle necessità comuni e quando ogni gruppo etnico e confessione religiosa agisce in spirito di fraternità, perseguendo il nobile fine di servire il bene di tutti. La consapevolezza di partecipare a una storia condivisa, nella quale ciascuno porta il proprio contributo e dove è fondamentale la solidarietà di ogni parte verso il tutto, aiuta ad individuare le giuste soluzioni, a evitare l'esasperazione dei contrasti e a trasformare la contrapposizione in fattiva collaborazione ».

Un delicato equilibrio che deve essere costantemente difeso, un lavoro artigianale affidato a tutti, ma in particolare alla politica. Francesco offre, per questo, anche l'aiuto della Chiesa cattolica, minoritaria ma molto attiva e stimata nel Paese. «Per favorire una pacifica e costruttiva armonia», dichiara, «che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone del Paese, la Chiesa Cattolica desidera incrementare il dialogo interreligioso. Si potrà eliminare in questo modo i pregiudizi e far crescere un clima di rispetto e fiducia reciproca, indispensabile per affrontare le sfide comuni, tra le quali quella di contrastare l'estremismo e l'intolleranza, i quali – distorcendo la religione – tentano di imporsi servendosi dell'inganno e della violenza».

Torna ancora alla Costituzione che l'Indonesia si è data nel 1945. Il suo preambolo, sottolinea, «offre indicazioni preziose sulla direzione del cammino che l'Indonesia democratica e indipendente ha scelto. Per ben due volte in poche righe il Preambolo fa riferimento a Dio onnipotente e alla necessità che la sua benedizione scenda sul nascente Stato dell'Indonesia. Allo stesso modo, il testo che apre la vostra Legge fondamentale a due riprese tratta della giustizia sociale, auspicando che si instauri un ordinamento internazionale fondato su di essa, considerata tra i principali obiettivi da realizzare un vantaggio dell'intero popolo indonesiano». La Chiesa Cattolica si pone al servizio del bene comune e desidera rafforzare la collaborazione

E dunque «unità nella molteplicità, giustizia sociale, benedizione divina sono i principi fondamentali, destinati a ispirare e orientare i programmi specifici, sono come la struttura portante, la solida base sulla quale costruire la casa. E come non notare che tali principi si accordano molto bene con il motto di questa mia visita in Indonesia: “Fede, fraternità, compassione”? Purtroppo, invece, si riscontrano nel mondo attuale alcune tendenze che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale». Il Papa parla all'Indonesia, ma parla al mondo quando fa riferimento a quello che accade in alcune regioni: «Constatiamo il sorgere di violenti conflitti, che sono spesso il risultato di una mancanza di rispetto reciproco, della volontà intollerante di far prevalere a tutti i costi i propri interessi, la propria posizione, o la propria parziale narrazione storica, anche quando ciò comporta sofferenze senza fine per intere collettività e sfocia in vere e proprie guerre sanguinose. A volte poi si sviluppano violenta tensione all'interno degli Stati, per la ragione che chi ferma il potere vorrebbe tutto uniformare, imponendo la propria visione anche in questioni che dovrebbero essere lasciate all'autonomia dei singoli o dei gruppi associati. D'altro canto, malgrado le suedenti dichiarazioni programmatiche, sono molte le situazioni in cui manca un effettivo e lungimirante impegno per costruire la giustizia sociale. Ne deriva che una parte considerevole dell'umanità viene lasciata ai margini, senza i mezzi per un'esistenza dignitosa e senza difesa per far fronte a gravi e crescenti squilibri sociali, che innescano acuti conflitti. In altri contesti, invece, si ritiene di poter o dover prescindere dal ricercare la benedizione di Dio, giudicandola superflua per l'essere umano e per la società civile, che si dovrebbero promuovere con le loro proprie forze, ma che, così facendo, incontrano spesso la frustrazione e il fallimento. Al contrario, vi sono casi in cui la fede in Dio viene continuamente posta in primo piano, ma spesso per essere purtroppo manipolata e per servire non a costruire pace, comunione, dialogo, rispetto, collaborazione, fraternità, ma per fomentare divisioni e accrescere l'odio». Di fronte a queste situazioni il Paese asiatico può diventare un esempio: «Mi rallegra», dice il Papa, «osservare come la filosofia che ispira l'organizzazione dello Stato indonesiano manifesta saggezza ed equilibrio». E cita Giovanni Paolo II, che in visita al Paese nel 1989 disse: «Nel riconoscere la presenza di una legittima diversità, nel rispettare i diritti umani e politici di tutti i cittadini e nel promuovere la crescita dell'unità nazionale fondata sulla tolleranza e il rispetto per gli altri, voi gettate le fondamenta di quella società giusta e pacifica che tutti gli indonesiani desiderano per se stessi e che vogliono trasmettere ai propri figli».

Infine il Pontefice, pur constatando che «a volte, nel corso delle vicende storiche, i principi ispiratori sopra richiamati non sempre hanno avuto la forza di imporsi in ogni circostanza» ribadisce che «essi rimangono validi e affidabili, come un faro che mostra la direzione da percorrere e avverte circa i più pericolosi errori da evitare». Principi dai quali discendono chiaramente che «opus justitiae pax, la pace è frutto della giustizia. L'armonia infatti si ottiene quando ciascuno si impegna non solo per i propri interessi e la propria visione, ma in vista del bene di tutti, per costruire ponti, per favorire accordi e sinergie, per unire le forze allo scopo disconfigurare ogni forma di miseria morale, economica, sociale, e promuovere pace e concordia».





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