Labirinti, scoprire la propria identità e sessualità – Cinema – Ansa.it
Un adolescente “che attraverso i sogni scopre qualcosa di se stesso che non sapeva nella vita vera. Qualcosa che lo turba, lo smuove, lo porta a farsi delle domande, a cercare di comunicare con se stesso per scoprire chi è e qual è la propria strada, il proprio destino”. Così il regista Giulio Donato descrive all'ANSA il protagonista adolescente, Francesco (Francesco Grillo), cresciuto in un paesino tra le montagne calabresi, che affronta un percorso alla ricerca della sua identità, anche sessuale, in Labirinti, la sua opera prima che debutta nelle Giornate degli Autori (nella selezione Confronti) alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il film, prodotto da Life Cinema, unisce uno sguardo quasi documentaristico che segue gli appuntamenti della vita in un paese o immersi nella natura, tra mare e boschi, silenzi e bellezza, ma anche frustrazione e rabbia, alle aperture a una dimensione onirica. Si mette in scena il legame tra il silenzioso Francesco e l'estroverso Mimmo (l'esordiente Simone Iorgi), amici fraterni fin da bambini. Arrivati alla soglia dell'età adulta, li separano anche in modo violento, le diverse idee sul proprio futuro, partire o restare, uscire dal branco o adattarsi. Incognite che portano Francesco, grazie anche a un vecchio libro trovato per caso, a cercare le risposte per domande sempre più intime.
Il film è anche “una storia di formazione, di crescita” spiega il regista, classe 1993, aiuto regista e produttore su più di sessanta set cinematografici in Italia, Norvegia, Brasile, Germania e Messico, con registi come Abel Ferrara, Roberta Torre, e come assistente di produzione con Gianni Zanasi e Claudio Caligari. “Inizialmente volevo girarlo nel Lazio, perché quelle che racconto sono sensazioni abbastanza universali, voler partire, spiccare il volo, uscire dalla propria bolla di confusione. Poi, però, dato che conoscevo bene un paesino in provincia di Vibo Valentia, perché mio padre viene da lì e io ci ho passato tutte le estati da piccolo, ho capito che sarebbe stato il posto ideale”. Sia “esteticamente, per la natura, al tempo stesso opprimente, travolgente, e potente, ma anche perché riflette ancora tanti luoghi comuni, tante oppressioni, tanta chiusura mentale, ancora estremamente diffusa”.
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