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Unire Olimpiadi e Paralimpiadi? Pro e contro, un dibattito aperto con tante complessità


In questi giorni ne ha parlato Rigivan Ganeshamoorthy, rivelazione del getto del peso paralimpico, da tempo ne parla Bebe Vio, uno dei simboli della scherma paralimpica mondiale che ha partecipato a entrambe le cerimonie d’apertura di Parigi 2024: si tratta dell’idea, indubbiamente suggestiva, di riunire Olimpiadi e Paralimpiadi in un’unica manifestazione: “sogno” lo chiamano, perché tutti, anche quelli che lo coltivano, sanno che la sua realizzazione non è all’orizzonte a breve scadenza, perché porta con sé una serie di complessità che, anche volendo, non si potrebbe risolvere improvvisando. Non solo, questa aspirazione all’integrazione totale dei due eventi fino all’organizzazione contemporanea non è universalmente condivisa neppure nel mondo paralimpico, ma un dibattito aperto, che ha in sé un’articolazione di argomenti e come tale va affrontato con spirito non ideologico, anche perché i pareri sono meno scontati di quanto potrebbe immaginare ed è da capire se sia davvero quella la direzione auspicabile e se, nel caso, sia alle condizioni attuali o future a breve concretamente realizzabile.


UNA LUNGA STORIA DI AVVICINAMENTO PROGRESSIVO

Intanto storicamente occorre dire che la Paralimpiade, il cui embrione risale a Londra 1948, ha avuto bisogno di un certo tempo per “avvicinarsi” all’Olimpiade in termini di percezione e organizzazione: un tempo che in parte è servito al movimento paralimpico per allargarsi e in parte ha risentito dell’evoluzione della percezione dei diritti delle persone con disabilità nella società e della loro progressiva inclusione, in gran parte del mondo tuttora incompiuta. Solo nel 2001 si è formalizzata e istituzionalizza l’organizzazionae congiunta dei due eventi, con l’accordo firmato il 19 giugno 2001 a Losanna tra il presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), Juan Antonio Samaranch, e il presidente del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC), Robert Steadward, che ha stabilito che a partire dai Giochi estivi di Pechino 2008 e invernali di Vancouver 2010 le città che si candino a ospitare i Giochi Olimpici devono automaticamente includere le Paralimpiadi. Lo scopo dell’accordo, spiegò Samaranch, è «garantire l’organizzazione dei Giochi Paralimpici con la piena integrazione dei comitati organizzatori (olimpico e paralimpico) e della garanzia finanziaria». Il testo stabilisce tra le altre cose che i Giochi paralimpici, si svolgono sempre subito dopo i Giochi Olimpici, utilizzando le stesse strutture di accoglienza e gli stessi impianti sportivi.

L’ACCORDO CIO-IPC DI LOSANNA 2021

  

A mettere sul tavolo la proposta del superamento dell’accordo di Losanna e la questione dell’organizzazione in contemporanea di Giochi olimpici e paralimpici, formalmente è stata il 5 marzo scorso una delle raccomandazioni contenute nella relazione Passing the Torch Modernizing Olympic, Paralympic, Grassroot sport, rapporto finale della Commissione sullo stato delle Olimpiadi, delle Paralimpiadi e sport di base statunitensi 2024, in cui si legge: «I pianificatori delle candidature dovrebbero essere incoraggiati a pensare in modo creativo alla programmazione delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi, esplorando i vantaggi che potrebbero derivare dallo svolgimento contemporaneo di entrambi i Giochi». Una prospettiva, sottolineano i commentatori di Sportstravelmagazine che hanno fatto le pulci al rapporto «a lungo termine», dato che LA28 (sigla che Usa allude a Los Angeles 2028 ndr.) e i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2034, che si svolgeranno a Salt Lake City, precludono qualsiasi futura candidatura olimpica e paralimpica degli Stati Uniti per almeno un decennio, forse addirittura due». Intanto l’obiezione principale di metodo, ancor prima di entrare nel merito, è che «la possibilità di organizzare contemporaneamente i Giochi Olimpici e i Giochi Paralimpici è una decisione che andrebbe presa a livello di CIO e di Comitato Paralimpico Internazionale, non da chi ospiterà i futuri Giochi».


LOGISTICA, SFIDA IMPOSSIBILE?

Le obiezioni di merito, del resto, non sono poche, né di scarso spessore, e spesso partono proprio dal mondo paralimpico che non ha una visione univoca sulla questione. Se l’Associazione L’Abilità nel 2021 in italia aveva scritto a Superando il suo auspicio ad unire, altri, più addentro alla questione della complessità organizzativa olimpica e paralimpica, frenano: è il caso di Sport Ability channel che, analizzando la questione, alla vigilia della Paralimpiade di Parigi, sembra aver trovato più contro che pro. Le obiezioni ricorrenti si dividono tra culturali e di fattibilità. La prima perplessità è pratica e unisce quasi tutti quelli che hanno analizzato a fondo il problema, a partire da Andrew Parsons, Presidente del Comitato paralimpico internazionale che si è espresso sul sito ufficiale Olympic.com e dal suo omologo italiano Luca Pancalli, interpellato da Vita con una domanda precisa e pone il problema logistico. Laura Misener, docente e direttrice della Scuola di Kinesiologia, della Western University, Ontario, Canada, uno dei Paesi più aperti in fatto di inclusione delle persone con disabilità, in un intervento sul tema scritto sulla rivista The Conversation, parla di «a logistical nightmare»: un incubo logistico, spiegando che nella pausa tra cerimonia di chiusura olimpica e paralimpica il personale, lo stesso per entrambe, non va affatto in vacanza, ma lavora: «sodo per allestire le sedi degli sport paralimpici. Ciò significa smantellare alcune sedi temporanee e costruirne altre che facilitino l’accessibilità agli sport paralimpici, agli atleti e al loro seguito: trasformare il villaggio, che ha ospitato poco più di 14.000 atleti e personale di squadra per le Olimpiadi, per prepararlo ad accogliere gli 8.000 para-atleti e il personale dei Giochi Paralimpici, non è un’impresa semplice».

L’IMPATTO ECONOMICO

  

Secondo i calcoli del sito ufficiale Olympic.com, non potendo contare sui vantaggi dell’economia di scala che mettendo gli eventi in successione consente di ottimizzare le risorse riutilizzando impianti e strutture e mettendo in continuità il lavoro del personale senza aumentarne le unità, i costi aumenterebbero vertiginosamente: «La logistica e i costi generati dall’organizzazione contemporanea dei due eventi », spiega il sito ufficiale dei Giochi, «senza ridurre il numero di eventi o di partecipanti sarebbero immensi. Sarebbe necessario un villaggio olimpico con 26.000 posti letto e un servizio di trasporto in grado di accogliere quasi altrettante persone, tra cui 2.000 persone in carrozzina. A meno che non si raddoppi il numero di strutture, tra cui due stadi olimpici e due piscine, la durata dei Giochi dovrebbe passare a un evento di un mese senza pause», un effetto che tra l’altro vanificherebbe i vantaggi delle più recenti linee guida che fanno prediligere organizzazioni sostenibili, che utilizzino il più possibile strutture esistenti e prevedano il riutilizzo di quelle create ad hoc, regole che mal si concilierebbero con l’elefantiasi di una manifestazione che arriverebbe a quasi raddoppiare quello che già oggi è il più grande evento esistente, per il quale non c’è più già da tempo la corsa a candidarsi.


L’INTEGRAZIONE DI TENNIS E SCHERMA

La dimensione è infatti fattore dirimente, come dimostra il fatto che a livello di manifestazioni più circoscritte esperienze integrate già esistono: ne è un esempio la scherma in cui le nazionali italiane organizzano da tempo, nella preparazione, raduni integrati che coinvolgono insieme azzurri olimpici e paralimpici che già al Mondiale di Torino 2007 gareggiarono in contemporanea nel corso della stessa manifestazione, nello stesso impianto, l’Oval eredità di Torino 2006. Anche nel tennis molti tornei del Wheelchair Tennis Tour, omologo in carrozzina di Atp e Wta Tour, sotto l’egida della Federazione internazionale di tennis, si gioca negli stessi giorni e sugli stessi campi dei grandi tornei, nei giorni delle finali: è stato il caso degli Internazionali di Italia 2024. Il tennista David Wagner , già numero 1 del ranking Quad, oggi n.9, interpellato sul tema da Sportstravelmagazine, dall’alto della sua esperienza ha osservato: «A volte si viene un po’ messi in ombra dagli atleti normodotati che però con la loro presenza ti portano, come para-atleta, molta più pubblicità, molta più notorietà, molta più esposizione che non avresti potuto avere. È una questione difficile. Vedo i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le cose», riguardo alle Paralimpiadi in particolare ha osservato: «Non vedo come si possano tenere nello stesso periodo, sono due eventi troppo grandi e troppo estesi: si parla di 16.000, 17.000 persone nei Villaggi in una sola volta. Vi immaginate la mensa? Non so se potrebbe essere fisicamente sostenibile. Darebbe maggiore attenzione al para-sport? Assolutamente sì. Potrebbe sminuire il para-sport? Sì, assolutamente sì. A me piace così com’è».

JESSICA SMITH, PARALIMPICA, AVVOCATA NEL CAMPO DEI DIRITTI: “MEGLIO SEPARATE, ECCO PERCHÉ”

  

Il tema dell’oscuramento è una delle principali obiezioni all’unificazione che viene dal mondo paralimpico: il 29 luglio scorso Jessica Smith, atleta paralimpica e avvocato nel campo dei diritti delle persone disabili, ha scritto un intervento su Time intitolato: “Perché Olimpiadi e Paralimpiadi devono restare separate: «Quando dico questo», scrive Smith, «le persone si stupiscono». Di lì parte una lunga disamina, in cui si legge tra l’altro: «I Giochi Olimpici sono già uno spettacolo sportivo imponente e di alto profilo che richiede un’ampia copertura mediatica, sponsorizzazioni e supporto logistico, mentre i Giochi Paralimpici, pur crescendo in reputazione, spesso lottano ancora per ottenere visibilità e risorse equivalenti. C’è il rischio concreto che la copertura mediatica degli atleti paralimpici venga sommersa dai flussi di informazioni già significativi creati dalla copertura giornalistica delle Olimpiadi». Non solo: «Dal punto di vista finanziario, i Giochi paralimpici hanno già difficoltà a ottenere finanziamenti e riconoscimenti rispetto alla loro controparte olimpica. La fusione potrebbe esacerbare queste disparità, poiché gli sponsor e l’attenzione dei media potrebbero dare la priorità agli sport olimpici più grandi e affermati. A mio avviso, questo ostacolerebbe la crescita e lo sviluppo degli sport e degli atleti paralimpici, che meritano i loro riflettori. Inoltre, diluirebbe ulteriormente l’attenzione e il sostegno specializzato di cui gli atleti con disabilità hanno bisogno, riducendo la loro piattaforma per mostrare i loro talenti ed esperienze unici».


IL PARERE DI MARTINA CAIRONI

Proprio questo aspetto dell’unicità è stato sollevato alla vigilia dei Giochi nel podcast Chiamata per Parigi 2024 di Ability Channel da Martina Caironi, fresca dell’argento nel lungo a Parigi, e parte della fantastica tripletta azzurra sui 100 metri di Tokyo 2022: «Se ci pensate», ha detto Martina, «la Paralimpiade è l’unico evento esposto mediaticamente a livello mondiale dove le star sono persone con disabilità. È qualcosa da non sottovalutare, perché non mi viene in mente nessun altro evento dove questo avvenga. Secondo me potrebbe essere opportuno creare più situazioni a livello internazionale, per esempio nell’atletica leggera, in cui le gare paralimpiche vengano programmate nello stesso luogo e in date adiacenti o addirittura mischiate a quelle dei normodotati: quali altri eventi tu vedi pubblicizzati, raccontati, dibattuti, dove al centro c’è l’atleta paralimpico, ovvero persona con disabilità? Nessuno, e questo ha un potere enorme, come lo stesso presidente Luca Pancalli dice sempre: cioè il potere dello sport è anche proprio quello di cambiare la società, di far svegliare anche la gente e risolvere i problemi che vanno oltre allo sport grazie allo sport». Anche perché la strada da fare è tanta.

L’ASSURDA REGOLA DEI TATUAGGI FINALMENTE IN SOFFITTA

  

A Parigi è intanto finalmente caduta una simbolica barriera tra Olimpiadi e Paralimpiadi, davvero difficile da accettare, però è la spia del timore da parte delle istituzioni paralimpiche di essere fagogitate dall’Olimpiade: pochi sanno infatti che fin qui, essendo i Cinque cerchi un marchio registrato, era vietato agli atleti paralimpici esibire tatuaggi con il logo olimpico nelle manifestazioni degli sport paralimpici, Paralimpiadi comprese. Perché era considerato una violazione delle regole sulla pubblicità ed era malvisto dai dirigenti del Comitato Paralimpico Internazionale che temevano una confusione tra le due istituzioni sportive (il logo delle Paralimpiadi è composto da tre segni simili a virgole, detti “agitos” dal latino agito, “mi muovo”), tanto che in passato sono arrivate anche squalifiche per questa regola che era difficile non definire assurda nella sua capacità di contraddire tutti i proclami all’inclusività che Cio e Ipc proclamano ovunque.

 


ASSUNTA LEGNANTE CHE UNISCE IN SÉ OLIMPIADI E PARALIMPIADI


Anche perché, dato che la vita ha più fantasia di tutti i regolatori, c’è chi riunisce dentro di sé i due mondi: una di loro è Assunta Legnante, oro nel getto del peso categoria T12 e argento nel disco alla Paralimpiade di Parigi 2024, dopo gli ori nel peso di Londra e Rio e l’argento di Tokyo, ma che, prima di diventare cieca, ha partecipato all’Olimpiade di Pechino 2008, e vinto l’oro all’Europeo indoor nel 2007, nella specialità di cui tuttora detiene il record italiano assoluto al coperto con 19.20 ottenuto nel 2002. Fin qui il presente. Il futuro è aperto, alle riflessioni e ai progressi.





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