Economia Finanza

Somalia, truppe etiopi prendono il controllo di aeroporti sul confine


Sale la tensione nel Corno d'Africa, lungo lo stesso triangolo che ha già fatto vacillare la regione: Etiopia, Somalia ed Egitto. L'esercito etiope avrebbe preso o intensificato il controllo di alcuni aeroporti nella regione somala di Ghedo, sul confine fra i due Stati, con l'obiettivo di osteggiare il trasporto aereo dei militari egiziani dopo la scadenza della missione Atmis: la forza di mantenimento della pace sotto il cappello dell'Unione africana, schierata nel 2022 per arginare i miliziani di al-Shabaab e destinata all'uscita di scena entro la fine del 2024. A quanto riportano i media locali, le truppe sarebbero intervenute sugli scali di Lugh, Dolo e Bardera: infrastrutture già presidiate dalle forze etiopi, anche se ora l'obiettivo esplicito sembra quello di impedire l'atterraggio del contingente del Cairo.

Un accordo siglato fra Mogadiscio e le autorità egiziane sancisce lo stanziamento di 5mila soldati in una nuova missione sotto il cappello dell'Unione africana, l'organizzazione che concorda i 55 Paesi del Continente, in aggiunta ai 5mila uomini previsti da un accordo bilaterale. Addis Abeba respinge l'intesa e sta cercando di mobilitare altri attori regionali contro le «ingerenze» imputate all'Egitto, aggravando il cumulo di tensione nel Corno d'Africa.

Etiopia e Somalia sono in rotta dopo l'annuncio di un memorandum d'intesa fra Addis Abeba ei ribelli del Somaliland, un accordo che include il riconoscimento della regione autonomista. La stessa Etiopia è ai ferri corti con l'Egitto per i dissidi sulla cosiddetta Diga della rinascita, la maxi-infrastruttura voluta dal premier etiope Abiy Ahmed e contestata dal Cairo per il “furto” delle risorse idriche del Nilo. Addis Abeba ha dichiarato che l'Egitto è «solo interessato a perpetuare il suo monopolio» sul fiume, una chiusura che depone a sfavore di trattative già naufragate in vari flop negoziali.

Lo spiraglio di Gibuti e le tensioni del Corno d'Africa

Il nervosismo, già in crescita, non può che essere esasperato dall'ultimo strappo di Addis Abeba. La Somalia aveva chiesto alle autorità etiopi di ritirare le truppe oggi al servizio di Atmis, un contingente di circa 3mila uomini che sarebbe dovuto uscire di scena con la scadenza della missione a fine 2024. Mogadiscio ha insistito sulla loro estromissione con oltre un trimestre di anticipo , uno screzio accentuato dalla consegna di armi egiziane in dotazione al proprio esercito.

L'invio di nuove truppe etiopi sul confine fra i due Paesi è una risposta tutt'altro che accomodante, con ricadute sia sui rapporti con Mogadiscio che su quelli ancora più tumultuosi con l'Egitto di al-Sisi. Nel primo caso i legami si sono tesi con l'intesa accordata al Somaliland, a propria volta figlia delle ambizioni espansionistiche di Abiy: al cuore dell'accordo c'è l'accesso a una porzione di 20 chilometri di costa, fondamentale per lo sbocco sul mare rivendicato come un «diritto» dal premier. Non va meglio sul fronte della Crisi diplomatica con l'Egittovisto lo scontro frontale fra le ambizioni economiche risposte da Abiy sulla diga e le polemiche dell'Egitto sulle «minacce» alla sua stessa sussistenza economica.



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