E’ italiana la prima protesi al mondo a controllo magnetico
La prima protesi di mano al mondo a controllo magnetico – capace di riprodurre i movimenti pensati da chi la indossa e di dosare la forza quando si afferrano oggetti fragili – è italiana. Nessun filo, nessuna connessione elettrica, solo magneti e muscoli che controllano i movimenti delle dita e permettono di compiere azioni quotidiane come aprire un barattolo, usare un cacciavite, raccogliere una monetina.
A svilupparla è stato il team di ricerca dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, coordinato da Christian Cipriani in collaborazione con lo spin off Prensilia.
Innovazione magnetica
Radicalmente nuovo è il sistema di interfaccia tra il braccio residuo della persona amputata e la mano robotica, che prevede l'impianto di piccoli magneti nei muscoli dell'avambraccio, in grado di decodificare le intenzioni motorie. L'impianto, integrato alla mano robotica Mia-Hand, sviluppato da Prensilia, è stato sperimentato con successo sul primo paziente, un ragazzo italiano di nome Daniel di 34 anni, che ha potuto indossare la protesi per 6 settimane. I risultati della sperimentazione sono stati presentati sulla rivista scientifica Science Robotics e rappresentano un significativo passo avanti per il futuro delle protesi.
«Questo risultato corona un percorso di ricerca lungo decenni. Siamo finalmente riusciti a sviluppare una protesi funzionale alle esigenze di una persona che ha perso una mano» dichiara Christian Cipriani, professore ordinario presso l'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
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il controllo miocinetico
Il controllo miocinetico, ovvero la decodifica delle intenzioni motorie attraverso magneti impiantabili nei muscoli ha anche il vantaggio di realizzare una protesi sempre più naturale che ne rivoluziona il futuro. L'idea alla base della nuova interfaccia, sviluppata all'interno del progetto Myky finanziato dalla Commissione europea tramite un Erc Starting Grant, è quella di usare dei piccoli magneti, delle dimensioni di qualche millimetro, da impiantare nei muscoli residui del braccio amputato e usare il movimento della contrazione per aprire e chiudere le dita.