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L'insegnamento della Storia è in crisi? Le parole dello storico Benigno: “Sostituita da narrazioni arbitrarie ed emotive più accattivanti, la disciplina fa fatica a interpretare il mondo” – Orizzonte Scuola Notizie


In un'intervista rilasciata a La Repubblica, lo storico Francesco Benigno esplora il ruolo della storia nella comprensione del presente e del futuro, evidenziando i cambiamenti nella nostra percezione temporale e le sfide che la disciplina affronta oggi.

Attraverso il suo saggio “La storia al tempo dell'oggi”, Benigno analizza come la memoria storica stia sostituendo la storiografia tradizionale, portando a una crisi di significato ea una nuova geografia mentale collettiva.

Francesco Benigno, professore di Storia moderna alla Scuola Normale di Pisa, affronta la questione se la storia sia ancora in grado di interpretare il mondo contemporaneo.

Secondo lui, la storia, un tempo considerata la principale chiave di lettura del presente, è ora solo una delle molteplici interpretazioni possibili, spesso oscurata dalla memoria storica, che ha una maggiore risonanza mediatica. Benigno afferma: “Il passato fa fatica a spiegare il presente. E il presente non è più capace di delineare un futuro possibile”.

Lo storico evidenzia come, per secoli, si sia creduto che il passato contenesse le radici del presente e che il futuro fosse una continuazione lineare di questo percorso. Tuttavia, questa visione, che si basa sul mito del progresso storico, è venuta meno. Benigno spiega che la perdita di fiducia nel progresso ha portato a una crisi del primato della storia, rendendo difficile immaginare un futuro che non sia avvolto da un'aura catastrofica. “Il futuro è orribilmente scomparso dai nostri discorsi”afferma, evidenziando come le preoccupazioni contemporanee, come le pandemie ei cambiamenti climatici, hanno oscurato la nostra capacità di pensare a un domani migliore.

Inoltre, Benigno osserva un cambiamento nelle categorie storiografiche, con la crisi del paradigma rivoluzionario, sostituito da una narrazione che si concentra su vittime e carnefici, piuttosto che su oppressi e oppressori. Ciò ha portato a una valorizzazione della memoria e della testimonianza, ma quando la memoria cerca di sostituire la storia, si corre il rischio di compromettere la verità storica. “Quando aspira a sostituirla, in nome dell'appartenenza etnica o di genere, la memoria diventa insidiosa”avverte Benigno.

La questione dell'identità è centrale nel discorso di Benigno, che critica l'egemonia della narrazione identitaria nelle università americane, dove solo storici appartenenti a specifiche identità possono studiare le vicende dei loro antenati. Tale approccio, secondo lui, mina la scienza storica e la ricerca di una verità condivisa. “Non siamo scienziati, ma siamo tenuti a dire qualcosa di certo e non opinabile sugli eventi del passato”afferma, sottolineando l'importanza di stabilire basi condivise per la comprensione storica.

Benigno riconosce anche l'espansione dell'orizzonte temporale e la transizione verso una storia globale, ma avverte che questo richiede un rigore storico che pochi storici poliglotti possono garantire. La sfida per gli storici, quindi, è quella di affrontare le nuove dinamiche identitarie senza rinunciare alla pluralità delle esperienze umane. “Gli storici dovrebbero sforzarsi di cogliere questa pluralità, rinunciando alle gabbie identitarie”concludere.

Infine, riguardo ai nuovi programmi scolastici di storia in Italia, Benigno suggerisce che l'attenzione dovrebbe spostarsi dall'identità nazionale a una riflessione sull'identità europea, evidenziando la necessità di un approccio più ampio e inclusivo alla storia. “Oggi occorre sviluppare un ragionamento sull'identità europea”afferma, sottolineando l'importanza di una visione storica che trascende i confini nazionali.



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