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Perché noi italiani siamo stregati dalla Luna (Rossa)



di Lorenzo Rossi

Luna Rossa non è una barca a vela. È un'idea, un'ossessione che risveglia il nostro antico istinto di sfida, quella voglia di metterci in gioco anche quando la battaglia sembra perduta in partenza. La Coppa America, competizione remota, nobiliare e per molti incomprensibile, ha saputo incollare milioni di italiani davanti alla televisione, come se si trattasse di una finale mondiale di calcio. E non per il gusto del dettaglio tecnico, che sfugge ai più, ma perché ci ricorda chi siamo. O meglio, chi vorremmo essere.

La vela, a ben vedere, non è uno sport di massa. È fatta di legni pregiati, di vele tirate a lucido, di venti impalpabili e rotte invisibili, quasi una disciplina filosofica più che fisica. Eppure, Luna Rossa è riuscita a trasformarla in un evento epico. Perché? Perché incarna quel sentimento tutto italiano di sfida all'impossibile, il gusto di affrontare colossi come il Team New Zealand o gli americani di Oracle, sapendo che il destino non è mai favorevole.

In fondo, Luna Rossa non è solo una barca. È una bandiera. È l'Italia che vuole competere con i giganti del mare, un Paese che, come in ogni altro campo, sogna di emergere nonostante i suoi mille difetti. E qui sta il punto: la vela diventa il teatro perfetto per questa rappresentazione dell'eterna lotta tra il piccolo Davide italiano ei Golia globali. E noi, come popolo, ci lasciamo incantare. Non perché ci aspettiamo di vincere – sappiamo bene che la vittoria è rara, quasi utopica – ma perché in quel duello, in quella sfida titanica, vediamo riflessa la nostra storia, fatta di audaci tentativi e dolorose sconfitte.

Lo spettacolo della Coppa America, visto dagli schermi televisivi, assume quasi il sapore di un romanzo d'avventura ottocentesco. Il mare, vasto e imprevedibile, il vento che soffia come una mano divina, e quei nostri uomini appesi alle sartie come gladiatori moderni. Non c'è bisogno di capire il gergo tecnico, le strambate, le virate o gli angoli di bolina. Basta vedere il loro volto, teso, concentrato, come se ogni manovra fosse una questione di vita o di morte. E lo è, in un certo senso. Perché per noi italiani, abituati a perderle tutte le battaglie importanti, anche solo la possibilità di giocarsela fino alla fine è già una vittoria.





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