Economia Finanza

Corte Ue annulla la multa della Commissione da 1,5 miliardi per Google


La Corte di Giustizia Ue ha confermato la maggior parte delle valutazioni della Commissione europea ma ha annullato la decisione con cui l'esecutivo Ue ha inflitto un'ammenda di quasi 1,5 miliardi di euro a Googlelegato in particolare alla piattaforma pubblicitaria AdSense. Non ha «tenuto conto dell'insieme delle circostanze pertinenti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che aveva qualificato come abusive», spiega il tribunale.

Google gestisce dal 2003 la piattaforma pubblicitaria AdSense e ha sviluppato un servizio di intermediazione pubblicitaria online (“AdSense for Search”) che consente agli editori di siti web con motori di ricerca integrati di visualizzare annunci pubblicitari collegati alle query online che gli utenti possono inviare su tali siti web. Gli editori potrebbero così ricevere una quota dei ricavi per la visualizzazione degli annunci. Gli accordi sui servizi da negoziare con Google contengono però clausole che limitano o vietano la visualizzazione di annunci pubblicitari di servizi concorrenti. Diverse imprese hanno avviato segnalazioni alle autorità antitrust di riferimento, poi trasferite alla Commissione Ue. Tra gli altri, Microsoft, Expedia e Deutsche Telekom. Nell'indagine antitrust a Bruxelles l'esecutivo comunitario ha indicato che tali clausole potrebbero precludere i servizi concorrenti di AdSense for Search.

Nel settembre 2016 Google ha rimosso o modificato tale clausola. Nel marzo 2019, la Commissione ha constatato che Google aveva commesso tre infrazioni distinte che costituivano, insieme, un'infrazione unica e continuata, dal gennaio 2006 al settembre 2016, decidendo appunto un'ammenda di 1.494.459.000 euro (130.135.475 euro in solido con la casa madre Alfabeto). Per il Tribunale, l'Antitrust Ue ha commesso errori nella valutazione della durata delle clausole controverse, nonché del mercato da esse coperto nel 2016. Non ha dimostrato che le tre clausole da essa individuate costituissero ciascuna un abuso di posizione dominante e costituissero congiuntamente una violazione unica e continuata. E non ha dimostrato che le clausole fossero idonee a dissuadere gli editori dall'approvvigionarsi presso gli intermediari concorrenti di Google né che fossero dirette ad impedire ai concorrenti l'accesso a una parte significativa del mercato dell'intermediazione pubblicitaria.

La Corte di giustizia ha invece confermato in larga misura l'ammenda inflitta dalla Commissione europea a Qualcomm e fissato l'importo in 238,7 milioni di euro, rispetto ai 242 che erano stati decisi dall'esecutivo comunitario per abuso di posizione dominante.



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