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Il senso di Jannik Sinner per la neve: ‘Natale il mio giorno più bello’



Di Jannik Sinner visto da vicino colpiscono il garbo, la buona educazione, un'antica garbata cortesia. Il contesto è olimpico: la presentazione del Team 26, il programma per il reclutamento dei volontari di Milano Cortina 2026, di cui Jannik Sinner è il primo ambasciatore, e non è da tutti obiettivamente vantare il numero uno, non per modo di dire, di uno sport tra i più sentiti a livello internazionale.

È un Sinner a suo agio, si capisce che si sente a casa in un posto dove si parla di neve e delle sue montagne, che chiama le nostre a pieno titolo: non ha avuto bisogno di studiarsi la parte, di inventarsi frasi di circostanza. È nato e cresciuto a Sesto in val Pusteria a 33 km da Anterselva, sede olimpica del biathlon. E finisce a parlare di sé, umanamente, quasi più di quanto gli accade di fare in contesti tennistici.

«Sono cresciuto in una delle parti più belle d'Italia, forse del mondo», racconta, «per le montagne che abbiamo soprattutto in inverno: c'era spesso tanta neve e sciare per me e per i miei amici era una cosa molto normale come camminare: mi hanno dato tanto lo sci e lo sport in generale, mi sono servito a capire che persona sono, poi alla fine ho scelto il tennis, ma le nostre montagne sono una meraviglia solo a guardarle e ospitare i Giochi olimpici è per noi un grandissimo onore, Avrei voluto essere a Parigi era per me l'obiettivo più importante, purtroppo non sono riuscito. Per me far parte della squadra dei volontari vuol dire veramente tanto, qui ci vogliono 18mila persone che sono veramente tante, ma già giocando a tennis capisco che senza volontari l'evento neanche c'è, è impensabile fare senza. Cerchiamo di fare un bellissimo programma tutti insieme e rendere Milano Cortina un'esperienza indimenticabile per i migliori atleti al mondo».

Jannik è rimasto celebre per l'insolita conversazione con la raccattapalle che gli teneva l'ombrello durante un'interruzione per pioggia, in cui aveva avuto il garbo di reggere lui l'ombrello alla ragazza: «Alle Olimpiadi per essere volontario devi avere almeno 18 anni anni, nel tennis dove il lavoro è un po' più semplice ci sono anche i ragazzini più piccoli, qui l'evento è molto grande, il più grande che c'è e richiede la perfezione: io ho grande rispetto per i raccattapalle, perché senza di loro il torneo non ci sarebbe e Ringrazio sempre loro per primi, penso sempre al fatto che loro vengono con tanta voglia, che noi in campo per loro siamo degli idoli, degli spunti molto importanti per la loro crescita e credo che sia anche il nostro lavoro far capire loro che apprezziamo la loro importanza».

Si scherza, con il presidente del Coni Giovanni Malagò, i trascorsi da sciatore di Sinner che ha scelto il tennis, ma che si sa che da piccolo aveva anche pensato di essere persino più forte come sciatore, fanno sì che si vagheggi di offrirgli ovviamente per scherzo una wild card, un invito per Giochi. Manco a dirlo discesa libera. Jannik ride: «Forse non è tanto il caso», poi serio racconta, «A un certo punto ho avuto paura di fare la discesa libera, nel tennis non hai motivo di aver paura, se sbagli non succede di solito niente di grave. Lo sci mi ha dato credo il bilanciamentoquando hai un buon equilibrio è più facile anche giocare a tennis forse questo è il solo l'elemento comune, ma dal punto di vista mentale sono sport diversi. Uno dei giorni più belli dell'anno, però per me, è sempre il 25 dicembre: a casa mia è tradizione festeggiare il Natale la sera del 24 perché i miei genitori il 25 hanno sempre dovuto lavorare durante il pranzo di Natale. Il 25 per me è da sempre un giorno speciale perché con i miei amici facciamo un bel gruppo e andiamo a sciare: mi dà tanto, mi ricarica stare tra le mie montagne. Lo sci è ancora molto importante».

Per i Giochi, lui che ne capisce l'importanza, augura a tutti «che ci sia una bella annata di neve perché in quello ci vuole anche fortuna, sono molto onorato di fare parte di questo team, loro sanno che sono a disposizione se dovesse servire, sono molto aperto, capisco il valore dei volontari, ci metterò il cuore»

Qualcuno lo stuzzica sull'ambizione di avere un ruolo da tedoforo o altro: «È una cosa di cui adesso non si può ancora parlare, ma sicuramente mi farebbe piacere far parte in qualche modo perché lo sport mi ha dato veramente tanto, e le sensazioni che mi ha dato lo sci non le ho ancora trovate in nessun altro sport, la mia connessione con l'inverno, con le nostre montagne è davvero molto profonda, viverle ancora oggi con gli amici mi dà una sensazione di libertà, vediamo che cosa riusciamo a fare». Chi ama lo sci, anche solo come hobby, conosce quelle sensazioni, sa che non inventa.

Impossibile non chiedergli se quando ha scelto il tennis il suo mondo, che di sci e di neve vive, non gli ha chiesto di ripensarci: «Ce n'erano tanti che me lo dicevano. La cosa che a un certo punto mi mancava quando ho fatto la scelta di andare da Riccardo Piatti era proprio lo stare con i miei amici, per me era normale passare la giornata con loro, dopo essere stati a scuola insieme, andavamo a sciare e poi due volte a settimana giocavamo a calcio insiememi ha mancato questo e credo che, quando mi dicevano così, volevo dirmi tornare così stiamo insieme. Questa parte è stata difficile per me, come anche lasciare la famiglia: gli amici sono importanti, però sono sempre rimasti, non sono mai andati viaquesta è la cosa più bella».

Immaginandosi spettatore olimpico dal vivo, ride tornando bambino con gli occhi che brillano, «Potendo le vedrei tutte, se devo scegliere magari il gigante mi piace tanto, anche la discesa libera, da fuori eh, per vedere la dinamica: quando la guardi in Tv non ti rende tanto conto della velocità o di quanto salti, ci sono tante discipline che vorrei vedere. Vediamo quanto tempo avrò».

Che cosa diresti a un ragazzo indeciso per convincerlo a fare il volontario? «Noi non spingiamo nessuno a fare il volontario, credo che sia una cosa che quando ci pensi è già una decisione, magari non te la senti di fare da solo, trova la compagnia giusta, un amico con cui lavorare tutti i giorni lì, questo credo sia abbastanza facile, perché tutte le persone che scelgono di farlo hanno la mente molto aperta, sanno che devi essere pronto ad aiutare non solo gli atleti ma anche gli altri volontari, alla fine credo che sia anche una crescita personale, perché ti mette nella condizione di vedere i migliori atleti al mondo anche nel piccolo di come si comportano».





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