San Gennaro, un mistero che la scienza ha reso più profondo
Come avviene per tutto ciò che non riguarda direttamente il deposito di fede (alla pari, per esempio, dei fatti di Lourdès, di Fatima o della questione della Sindone),la Chiesa non si è mai pronunciata ufficialmente sulla “miracolosità”, la “soprannaturalità” di quanto avviene a Napoli. E avviene, di solito, in tre ricorrenze: innanzi tutto il 19 settembre ma anche la prima domenica di maggio e il 16 dicembre (in quest'ultima data, spesso il fenomeno manca, mentre si è verificato in occasioni di avvenimenti particolari o di visite di personaggi illustri).
C'è dunque la possibilità che anche un cattolico che intende restare tale neghi la “soprannaturalità” di ciò che avviene attorno a quel misterioso sangue. Ma questa negazione dovrebbe innanzi tutto tenere conto dell'imponente consenso morale costituito da dichiarazioni favorevoli di una lunga serie di Papi, di cardinali, di vescovi oltre che dal senso della fede di quei “piccoli” e “poveri” privilegiati dal Vangelo. Inoltre, sul negatore incomberebbe l'obbligo – come per ogni altro caso complesso e aperto al mistero – di documentarsi con rispetto e con serietà. Dovrebbe poi rendersi conto di persona dello svolgimento del “prodigo”: è una possibilità data a chiunque. Anzi, anche di recente il cardinale Ursi ha esortato gli studiosi a ogni possibile indagine, purché sia garantita l'integrità della delicatissima reliquia.
Gli esami scientifici sono stati finora bloccati dal fatto che le due ampolle sono sigillate con un mastice durissimo che ne impedisce l'apertura senza infrangerla. Qualche studioso ipotizza l'apertura di un piccolissimo buco con un trapano a punta di diamante (o con un laser) per estrarre una goccia della sostanza quando è sciolta e sottoporla così ad analisi. Tuttavia, permanente il rischio di provocare la rottura dei destinatari che, stando alle indagini recenti, hanno circa quindici secoli di vita. Che comunque il contenuto sia senza dubbio sangue, è stato dimostrato dall'analisi spettrografica eseguita da professori dell'università di Napoli.
Ma anche senza ulteriori indagini, è certo che il “miracolo” di san Gennaro costituisce un unico (c'è notizia di altri sanguigni dal comportamento anomalo – a Napoli stessa, ad esempio, quello di santa Patrizia -ma presentano caratteristiche diverse) che sfida le fondamentali leggi della fisica.
«Ci troviamo di fronte», scrive un biologo. «a una sostanza solida, sigillata, secolare, che in modo irrefutabile si liquefa, cangia di colore, di volume, di peso, di viscosità davanti ai nostri occhi, in inverno o in estate, col freddo o col caldo, con la folla o con poche persone, a date fisse o variabili, per otto giorni di seguito, restando ora liquida, ora semiliquida, ora pastosa, ora semisolida. Oppure non si liquefa affatto».
Tutte le spiegazioni “naturali” proposte nei secoli non sono state in grado di dare alcuna interpretazione convincente. E tutti i tentativi di riprodurre artificialmente il fenomeno sono falliti. La variazione di volume è imponente (talvolta il sangue sembra “gonfiarsi” riempiendo tutto il recipiente, altre volte occupa uno spazio assai minore) e inspiegabile: nessuna sostanza passando dallo stato solido a quello liquido può assumere condizioni sempre diverse. Anche il colore cambia di volta in volta, dal rosso squillante a quello cupo a quello giallastro: anche qui ci troviamo di fronte a un enigma. Puro il peso sembra variare, ma una misura esatta è difficile poiché si è costretto a pesare l'ampolla con la teca cui aderisce in modo sinora non separabile.
Altro aspetto che sfugge del tutto alle leggi della fisica è la notevole variazione del tempo impiegato nel passaggio dallo stato solido a quello fluido: ora istantaneo, ora dopo qualche minuto od ora o giorno. Talvolta la solidificazione è tanto repentina che il sangue resta in diagonale.
I molti che vorrebbero sbrigarsi del fenomeno “san Gennaro” dicendo semplicemente che obbedisce a qualche causa naturale che ora non conosciamo ma che scopriremo in futuro, devono fare i conti con una realtà precisa: il fenomeno cozza contro tutte le fondamentali leggi della fisica che già ci sono ben nota. Più che rinviare, dunque, a un ipotetico futuro, bisogna fare i conti con un presente che contraddice ogni nostra conoscenza.
«Nessuna causa naturale può valere qui»
Tra le varie spiegazioni si è fatto ricorso alla temperatura, basandosi anche sul fatto che sino a tempi recenti si avvicinava una candela alle ampolle per constatare se lo scioglimento era già avvenuto. Ma da anni si sono abolite le candele e si fa ricorso a una pila. Inoltre (ed è un'osservazione decisiva), come può constatare anche ogni cuoca in cucina, con il calore il sangue non si scioglie ma al contrario si indurisce! Il fenomeno, comunque, si verifica sia d'estate che d'inverno, mentre nella cappella la temperatura varia dai 5-6 gradi ai 30-52.
Altro tentativo di spiegazione (spesso degenerato in ipotesi parapsicologiche, medianiche o spiritiche) è quello che fa riferimento alla tensione psichica della folla che convoglierebbe energie sul sangue. Anche qui, però, si devono fare i conti con la realtà: il sangue si è spesso sciolto anche alla presenza di poche persone o è stato trovato già fluido all'apertura della cassaforte. Al contrario, il sangue è rimasto ostinatamente solido anche dopo giorni e giorni di invocazioni, di massima tensione psichica da parte della folla che gremiva il Duomo: è capitato, ad esempio, nel maggio del 1976 per tutti gli otto giorni di esposizione ai fedeli, nonostante il moltiplicarsi del fervore.
Altri hanno ipotizzato che nelle ampolle sia stata messa una sostanza, di cui si sarebbe persa la formula, magari di origine alchemica, che assicurerebbe il ripetersi del fenomeno. Ma, come si diceva, l'analisi spettrografica ha dimostrato che si tratta di sangue e non di altro. E l'ipotesi dell'eventuale “aggiunta” (che sarebbe avvenuta in epoca medievale) di qualche sostanza al sangue deve fare i conti con il fatto che la ricerca archeologica ha dimostrato l'antichità sia delle ampolle che del loro sistema di chiusura impenetrabile.
In ogni caso è inesplicabile l'esistenza stessa di questo sangue: se fosse rispettata la legge di natura, il sangue già da grandissimo tempo avrebbe dovuto putrefarsi e poi divenire polvere. Come ha riassunto uno studioso recente, il professar Gastone Lambertini , dopo anni di ricerche: «Un fatto è certo: niente regge, tutto cade di fronte a questo fenomeno di cui può dare spiegazione soltanto il credente nello slancio della sua fede. La legge della conservazione dell'energia, i princìpi che governano la gelificazione e la soluzione dei colloidi, le teorie dell'invecchiamento degli stessi colloidi organici, gli esperimenti biologici sulla coagulazione del sangue: tutto questo ci dimostra come la sostanza venerata da tanti secoli sfidi ogni legge di natura e ogni spiegazione che non faccia riferimento al soprannaturale». Questo, aggiunge lo studioso, «È un coagulo che vive e che respira»: non dunque, una qualche “devozione alienante” ma un segno di vita eterna e di risurrezione.
Mentre i fenomeni che riguardano le ampolle del sangue non solo sembrano reggere a ogni critica moderna (anzi, l'enigma aumenta col crescere delle nostre conoscenze), pone invece problemi di autenticità quanto avverrebbe a Pozzuoli, nella chiesa dedicata a san Gennaro e ora officiata. dai cappuccini. Qui, in un vano nel muro, esiste un blocco di marmo che la tradizione indica come la “pietra” sulla quale san Gennaro sarebbe stato decapitato. Sul blocco si notano alcune macchie di colore rosso ruggine, insieme con molte incrostazioni di cera, prodotte dal gocciolio delle candele dei devoti. Si è detto trattarsi (a partire però solo dal '700) di macchie di sangue che si ravviverebbero contemporaneamente alla liquefazione del sangue che si verifica nel duomo di Napoli.
Accurati studi storici e archeologici compiuti da Ennio Moscarella avrebbero però dimostrato che la “pietra” è un altare paleocristiano posteriore di forse due secoli al martirio del santo e che le presunte tracce di sangue non sarebbero che i resti di una figura dipinta. Il “ravvivamento” delle chiazze sarebbe dunque un'illusione ottica aiutata anche dallo strato di cera. Sarebbe però esclusa la frode: chi avesse voluto frodare avrebbe dipinto macchie di sangue, impronte di mani, gocce.
Inoltre, gli studi di Moscarella, pur mettendo in dubbio l'autenticità della tardiva tradizione del “ravvivamento”, hanno permesso di riconfermare l'antichità del culto a Gennaro. Una riconferma che è venuta, in modo suggestivo e clamoroso, anche dal lavoro appassionato e competente di don Nicola Ciavolino che, sotto la direzione del padre Umberto Fasola, da oltre dieci anni lavora a riaprire ea studiare (con risultati eccezionali) la catacomba che da Gennaro prese il nome.