Istruzione

L'intollerabile etichetta di “precario”. Non possiamo essere come pacchi postali. Lettera – Orizzonte Scuola Notizie


Inviata da Katia Chiappara – Egregi Dirigenti e Responsabili del Sistema Scolastico, mi rivolgo a voi con la ferma convinzione che la mia voce, come quella di migliaia di insegnanti, deve essere ascoltata e considerata con la serietà e l'urgenza che merita.

Dopo dieci anni di precariato, trovo intollerabile che la mia figura professionale venga continuamente definita con l'etichetta di “precario”, un termine che non solo offende la mia dignità, ma sminuisce il valore della mia preparazione e del mio impegno quotidiano.

Essere definito “precario” significa, nella sostanza, essere trattato come una risorsa temporanea, priva di stabilità e considerazione. Questo è inaccettabile per chi, come me, ha superato concorsi, seguito numerosi corsi di formazione e dedicato anni della propria vita all'insegnamento, contribuendo alla formazione delle nuove generazioni. Mi chiedo: come può uno Stato che pretende di basarsi su valori come la formazione e l'educazione tollerare che i suoi insegnanti vengono relegati in una condizione di incertezza e precarietà perenne?

Il sistema attuale non solo ci ingabbia in una rete di obblighi burocratici, come la regola che impedisce di lasciare una nomina da GPS per accettare una chiamata da laureatoria d'istituto, ma di fatto ci nega qualsiasi possibilità di costruire una carriera stabile. Ogni anno, ci troviamo costretti a lasciare i nostri alunni e le nostre alunne, a cui abbiamo dedicato impegno, tempo e passione. Siamo obbligati a interrompere quei rapporti di fiducia che si costruiscono con fatica e dedizione, non solo con i ragazzi, ma anche con le loro famiglie. E tutto questo per ritrovarci, puntualmente, in una condizione di precarietà e incertezza, trattati come semplici pedine di un sistema che sembra ignorare il valore umano del nostro lavoro.

Questa precarietà non colpisce solo noi docenti, ma ha ripercussioni devastanti sulla qualità dell'istruzione. Ogni anno l'assenza di continuità didattica mina il percorso formativo degli studenti e riduce l'efficacia del nostro lavoro. Non possiamo continuare a essere considerati alla stregua di pacchi postali, spostati da una scuola all'altra senza considerazione per la qualità del servizio che offriamo né per le nostre vite personali.

Nonostante l'aver superato un concorso pubblico, nonostante anni di esperienza, il sistema ci tratta come risorse sacrificabili, senza alcun rispetto per la nostra professionalità e competenza. Ogni anno, ogni mese, viviamo nell'incertezza più totale, senza sapere se e dove lavoreremo l'anno successivo. La nostra vita è sospesa, mentre lo Stato continua a ignorare i nostri diritti ea rimandare riforme che dovrebbero essere urgenti e prioritarie.

Mi rivolgo a voi, responsabilità di questo sistema, perché questa situazione è diventata insostenibile. Noi, insegnanti, non siamo solo “precari”, siamo professionisti formati, qualificati e dedicati al nostro lavoro. Pretendiamo rispetto e stabilità. Chiediamo riforme che riconoscano il valore del nostro impegno e ci diano la possibilità di esercitare la nostra professione in condizioni dignitose e sicure, senza dover vivere ogni anno con la paura di perdere il nostro posto di lavoro.

Non sto cercando facile consenso, sto chiedendo un cambiamento reale e concreto. Spero che queste parole trovino il giusto riscontro e che si possa finalmente aprire una discussione seria e urgente per risolvere questa situazione vergognosa. È tempo che il sistema scolastico riconosce il valore di chi, come me, ha dedicato la propria vita all'istruzione e che venga garantita a tutti gli insegnanti la stabilità e la sicurezza che meritano.



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