Bebe Vio: “Contro il bullismo servono cultura e conoscenza” – Orizzonte Scuola Notizie
Bebe Vio, schermitrice e icona paralimpica, si racconta senza filtri in un'intervista rilasciata a Vanity Fair. L'atleta, oggi ventisettenne, ripercorre la sua infanzia, svelando un'indole combattiva presente fin da piccola: “Mia mamma mi ha sempre definita in un'altra maniera, però l'essenza è la stessa: rompipalle strozzabile. Perché ho sempre rotto le palle”.
Già da bambina, impegnata nel consiglio comunale dei ragazzi di Mogliano Veneto, si adoperava per sanzionare, moralmente, chi occupava i parcheggi per disabili.
Nonostante la sua disabilità, Bebe Vio afferma di non essere mai stata vittima di bullismo a scuola, grazie alla fortuna di incontrare classi accoglienti. Tuttavia, ricorda episodi spiacevoli, come il commento rivolto ai bambini: “Non ti sedere sulla carrozzina che poi sennò ci rimani”. Oggi, osserva con ottimismo un cambiamento positivo: “Adesso invece la disabilità sta diventando normalità e lo scopo è proprio di non considerare i disabili come supereroi ma come persone normali”.
Sul tema del linguaggio inclusivo, la campionessa si definisce “la persona meno adatta, la più politicamente scorretta”, sostenendo che l'importanza risiede nel “tono” con cui si dicono le cose. “Sono la prima a dire 'handicappato' e lo so che è sbagliato, però secondo me dipende veramente da come vengono usate le parole”aggiungendo che l'ironia è accettabile solo su argomenti “già metabolizzati”.
“Quello che sposta i pesi nella società è la cultura”
Bebe Vio ha sempre vissuto la sua carrozzina e le sue protesi come un “giocattolo”, sottolineando l'importanza di non nascondere la disabilità, ma di affrontarla con apertura e normalità. “Quello che sposta i pesi nella società è la cultura e purtroppo il suo contrario è l'ignoranza”vero. “Nel momento in cui c'è ignoranza […] hai paura di quella cosa perché non la conosci”.
La campionessa critica l'atteggiamento di alcuni genitori che, di fronte alla disabilità, invitano i figli a distogliere lo sguardo, invece di incoraggiarli alla conoscenza e al dialogo. “Avrebbero dovuto dire 'vai lì e chiedi' e adesso invece nei libri di scuola si parla di disabilità, negli sport olimpici le protesi sono una cosa estremamente normale, come le carrozzine”. Concludere con un appello alla cultura e alla conoscenza: “È giusto guardare, è giusto chiedere perché solo la conoscenza ti fa passare la paura. Il fare cultura della disabilità secondo me è la cosa più importante al mondo”.