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Così i clienti dell’Hotel Sole di Lampedusa hanno salvato 50 migranti


La barca Maria Sole dell'Hotel Sole di Lampedusa.

«Ci ​​avevano detto che a Lampedusa non ci sarebbe stato nessun tipo di problema e infatti non c'è stato, però abbiamo visto con i nostri occhi tutto il male del tempo in cui viviamo», piangono, tremano, non riescono ancora a realizzare, ma hanno la lucidità di raccontare «perché solo se lo vivi puoi capire». Mina, Ezio, Maria Rita, Nebel, Elena sono solo alcuni dei turisti che la mattina di mercoledì 25 settembre erano a bordo dell'imbarcazione Maria Sole per un giro dell'isola. Un'elegante barca di 11 metri utilizzata esclusivamente dai clienti dell'albergo Sole di Lampedusa. Il comandante è il capitano Franco Ruggiero, 69 anni, che da Napoli ha prima studiato l'isola per poi venirci a lavorare. Quella mattina dopo un briefing del capitano con gli ospiti la Maria Sole si dirige verso l'estremità di Capo Ponente ma ecco che durante la navigazione avvistano un barchino in ferro stracarico di persone. «Un ragazzo con un secchiello di quelli che usano i bambini in spiaggia gettava l'acqua che era entrata nella barca, una mamma teneva in alto la sua bambina per farsi notare», raccontano all'unisono gli ospiti.

Sono quasi le 10.50, capitan Franco senza esitare chiede ai suoi clienti di andare sotto coperta, ci sono persone anziane che soffrono il mal di mare. «Immediatamente chiamiamo la guardia costiera e tranquillizziamo i naufraghi dicendo che i soccorsi stanno per arrivare», racconta Ruggiero. Le motovedette della guardia costiera impegnate in altri soccorsi arrivano in fretta, ma nel frattempo accade di tutto. L'acqua continua ad entrare nella barcasono momenti critici. «La vediamo affondare e così interveniamo subito, diciamo di stare calmi, io mi avvicino e abbasso la scaletta per permettergli di salire a bordo». C'è confusione: «Il nostro capitano con decisione e fermezza comincia a tirarli su, io comincio a sentirmi male nei miei occhi ancora quella donna che alzava con le braccia al cielo la propria figlia come un trofeo quasi a voler dire salvare almeno lei», racconta Elena Begliomini, 67 anni, di Bologna. Lei a differenza degli altri ospiti a Lampedusa c'è stata almeno già 10 volte: «E non avevo mai visto un migrante, oggi capisco molto di più».

Il capitano Franco si trova davanti decine di bracce che chiedono di essere afferrate, la Maria Sole può portare al massimo nove persone: «Eravamo a circa 100 metri dall'estremità di Cala Ponentedavanti a noi uno scenario formidabile, prima di intervenire rimanevamo almeno a 30 metri di distanza, c'era una bambina che tremava, gli abbiamo dato i teli da mare, decine di bottiglie d'acqua, tutto quello che avevamo. Poi si è avvicinata un'altra barca, la Giamaica, e molti dei naufraghi si sono diretti lì. Sentivamo urlare ovunque. Vorrei ringraziare l'altro equipaggio che è intervenuto», aggiunge Franco. Accanto a lui si avvicina uno degli ospiti, il signor Nebel Zeus, 63 anni, di Meda, provincia di Milano. «Ho afferrato una bambina che si aggrappava al suo papà anche lui afferrava un salvagente, ne avevamo salvati già una trentina, nel frattempo non abbiamo visto più uno dei neonati e c'era un ragazzino che aveva avuto dieci anni, è andato giù in un attimo, poi l'abbiamo rivisto boccheggiare e poi è di nuovo sprofondato».

Tutto è avvenuto in pochissimi minuti in un giorno in cui gli sbarchi nell'isola procedono a raffica.I migranti soccorsi dalla Maria Sole e dalla Giamaica vengono così trasbordati nelle motovedette mentre la Maria Sole attracca a Cala Pisana. «L'abbiamo visto quel ragazzino con gli occhi sbarrati risalire e poi tornare giù in acqua, quel pezzo di ferro arrugginito dove viaggiavano non può chiamarsi barca, questa gente parte perché è veramente disperata. Ho toccato la manina di quella bimba che tremavaio mi sforzavo a non piangere e le facevo segno con il dito per dirle che era tutto ok», racconta Mina Nava a bordo della Maria Sole insieme al marito Ezio, da Zanica vicino a Bergamo per la prima volta erano andati a visitare Lampedusa.

Nessuno degli ospiti dell'albergo collocato appena dietro la spiaggia della Guitgia ha dormito, vuole rivedere e riabbracciare il loro capitano, testimoniare il dramma che hanno visto e vissuto. «Gli ospiti hanno reagito con grande commozione e partecipazione, quando erano a bordo accarezzavano i naufraghi, ho toccato le guance di una bimba per assicurarmi che stessi bene. Nessuno di noi se lo sarebbe mai immaginato», conclude il capitano Franco. Anche lui oggi con il suo equipaggio tra i pescatori di vite umane che Lampedusa genera davanti all'indifferenza.

Il comandante Franco Ruggiero.

Il comandante Franco Ruggiero.



Sono quasi le 10.50, capitan Franco senza esitare chiede ai suoi clienti di andare sotto coperta, ci sono persone anziane che soffrono il mal di mare. «Immediatamente chiamiamo la guardia costiera e tranquillizziamo i naufraghi dicendo che i soccorsi stanno per arrivare», racconta Ruggiero. Le motovedette della guardia costiera impegnate in altri soccorsi arrivano in fretta, ma nel frattempo accade di tutto. L'acqua continua ad entrare nella barcasono momenti critici. «La vediamo affondare e così interveniamo subito, diciamo di stare calmi, io mi avvicino e abbasso la scaletta per permettergli di salire a bordo». C'è confusione: «Il nostro capitano con decisione e fermezza comincia a tirarli su, io comincio a sentirmi male nei miei occhi ancora quella donna che alzava con le braccia al cielo la propria figlia come un trofeo quasi a voler dire salvare almeno lei», racconta Elena Begliomini, 67 anni, di Bologna. Lei a differenza degli altri ospiti a Lampedusa c'è stata almeno già 10 volte: «E non avevo mai visto un migrante, oggi capisco molto di più».

Il capitano Franco si trova davanti decine di bracce che chiedono di essere afferrate, la Maria Sole può portare al massimo nove persone: «Eravamo a circa 100 metri dall'estremità di Cala Ponentedavanti a noi uno scenario formidabile, prima di intervenire rimanevamo almeno a 30 metri di distanza, c'era una bambina che tremava, gli abbiamo dato i teli da mare, decine di bottiglie d'acqua, tutto quello che avevamo. Poi si è avvicinata un'altra barca, la Giamaica, e molti dei naufraghi si sono diretti lì. Sentivamo urlare ovunque. Vorrei ringraziare l'altro equipaggio che è intervenuto», aggiunge Franco. Accanto a lui si avvicina uno degli ospiti, il signor Nebel Zeus, 63 anni, di Meda, provincia di Milano. «Ho afferrato una bambina che si aggrappava al suo papà anche lui afferrava un salvagente, ne avevamo salvati già una trentina, nel frattempo non abbiamo visto più uno dei neonati e c'era un ragazzino che aveva avuto dieci anni, è andato giù in un attimo, poi l'abbiamo rivisto boccheggiare e poi è di nuovo sprofondato».

Un momento del salvataggio a bordo della Maria Sole.

Un momento del salvataggio a bordo della Maria Sole.

Tutto è avvenuto in pochissimi minuti in un giorno in cui gli sbarchi nell'isola procedono a raffica.I migranti soccorsi dalla Maria Sole e dalla Giamaica vengono così trasbordati nelle motovedette mentre la Maria Sole attracca a Cala Pisana. «L'abbiamo visto quel ragazzino con gli occhi sbarrati risalire e poi tornare giù in acqua, quel pezzo di ferro arrugginito dove viaggiavano non può chiamarsi barca, questa gente parte perché è veramente disperata. Ho toccato la manina di quella bimba che tremavaio mi sforzavo a non piangere e le facevo segno con il dito per dirle che era tutto ok», racconta Mina Nava a bordo della Maria Sole insieme al marito Ezio, da Zanica vicino a Bergamo per la prima volta erano andati a visitare Lampedusa.

Nessuno degli ospiti dell'albergo collocato appena dietro la spiaggia della Guitgia ha dormito, vuole rivedere e riabbracciare il loro capitano, testimoniare il dramma che hanno visto e vissuto. «Gli ospiti hanno reagito con grande commozione e partecipazione, quando erano a bordo accarezzavano i naufraghi, ho toccato le guance di una bimba per assicurarmi che stessi bene. Nessuno di noi se lo sarebbe mai immaginato», conclude il capitano Franco. Anche lui oggi con il suo equipaggio tra i pescatori di vite umane che Lampedusa genera davanti all'indifferenza.





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