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Il furore di Netanyahu: «Israele combatterà fino alla vittoria totale»


Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha fatto una lunga ricostruzione degli eventi dal suo punto di vista, a partire dal 7 ottobre 2023: «I nostri nemici non vogliono distruggere solo noi, ma tutta la nostra civiltà». In seguito a questa dichiarazione alcune delegazioni lasciano l'aula.




«Dobbiamo difenderci contro questi omicidi selvaggi, il nostro nemico non vuole distruggere solo noi israeliani ma anche la nostra civiltà e portarci nell'area scura della loro dittatura», ha aggiunto Netanyahu al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Mentre parla presenti in aula anche i familiari degli ostaggi israeliani rapiti il ​​7 ottobre di cui il premier fa un elenco, elencando le atrocità commesse da Hamas nel giorno della maledizione del 7 ottobre.

Il primo ministro israeliano alla plenaria dell'Onu a New York ha aggiunto: «La guerra a Gaza può finire oggi: Hamas deve arrendersi, abbassare le armi e liberare gli ostaggi. Se non lo farà, continueremo fino alla vittoria totale. Hamas deve andarsene, se rimane al potere continuerà ad attaccare lo Stato ebraico. Oggi io non vedo alcun ruolo per Hamas in una Gaza dopo la guerra». Per questo Israele «farà tutto quello che è in suo potere per assicurarsi che l'Iran non ottenga l'arma nucleare», ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onuchiedendo al Consiglio di Sicurezza di reimporre le sanzioni a Teheran per garantire questo obiettivo. «Israele continuerà a colpire Hezbollah finché non saranno raggiunti tutti gli obiettivi e isolare Israele continua ad essere una macchia morale per le Nazioni Unite».



Intanto oggi, venerdì 27 settembre, Israele ha condotto decine di raid aerei in Libano contro Hezbollah, che ha lanciato dei razzi verso il territorio israeliano, dopo il fallimento di un appello internazionale a un cessate il fuoco, promosso dagli Stati Uniti.

Dal 23 settembre i massicci bombardamenti condotti da Israele contro il gruppo libanese, alleato di Hamas e sostenuto dall'Iran, hanno causato, secondo le autorità, più di settecento morti in Libano, molti dei quali civili.

Di fronte a un'escalation che minaccia di trascinare il Medio Oriente in una guerra regionale, il 25 settembre gli Stati Uniti, insieme ad altri paesi occidentali, europei e arabi, hanno lanciato un appello per fermare il fuoco di ventuno giorni, che è stato però respinto il 26 settembre da Israele.

Libano, dopo gli attacchi di Israele

Ieri Abu Mazen, presidente della Palestina dal 2005 e presidente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dell'Autorità Nazionale Palestinese è stato accolto da un lungo applauso prima che pronunciasse il suo discorso alla 79esima Assemblea Generale dell'Onu. «Non ce ne andremo, non ce ne andremo. La Palestina è la nostra terra, non ce ne andremo. Se qualcuno se ne andrà sono coloro che la lavorano», ha detto, accusando Israele di genocidio e chiedendone lo stop.

Il presidente palestinese ha quindi rivolto un appello al mondo: «Fermate il genocidio, smettete di mandare armi a Israele. Il mondo intero è responsabile di quel che succede alla nostra gente a Gaza». Ed ha aggiunto: «Mi rammarico che l'amministrazione Usa, la più grande democrazia del mondo, ha ostacolato tre volte, ponendo il veto, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza. E oltre questo invia a Israele armi mortali per uccidere la nostra gente. Non capisco perché gli Stati Uniti ci continuano a privare dei nostri diritti legittimi», ha proseguito, sottolineando che Israele “non merita” di essere membro dell'Onu.

Abu Mazen ha poi esposto diverse richieste per il suo popolo. A partire da «un cessate il fuoco immediato, la consegna di aiuti umanitari a Gaza, dove non hanno nulla, il ritiro completo di Israele. Non vogliamo combattere Israele, ma vogliamo che la nostra gente, le nostre famiglie siano protette. Lo stato palestinese deve imporre la sua completa autorità su Gaza e la Cisgiordania. Non chiediamo di più, ma non vogliamo di meno». Quindi, ha concluso: «Cosa ci manca per essere il 194esimo paese membro dell'Onu? Abbiamo la terra, abbiamo la gente, abbiamo la cultura, non ci manca nulla. Vogliamo sicurezza di entrambi i paesi».





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