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Serve un tempo per i papà



Estendere i congedi per i padri fin dall'inizio del percorso genitoriale assicura la salute e il benessere delle bambine e dei bambini, corregge la distribuzione ineguale della cura fra madri e padri e favorisce l'occupazione femminile e dunque anche la natalità.

Ma promuovere le cosiddette mascolinità accudenti vuol dire anche contribuire a prevenire la violenza di genere, spezzare la catena degli atti aggressivi.

Per questo il progetto europeo 4e-Genitore ha sottoposto alle forze politiche invitate a partecipare al convegno Il tempo dei papà (Roma, 26 settembre) un pacchetto di misure relative ai congedi per i padri e ad altre misure di conciliazione. In vista, l'obiettivo della Legge di Bilancio per il 2025.

«La normativa attuale non corrisponde alla forte domanda delle famiglie e alle esigenze delle bambine e dei bambini di avere un sistema che consente ai padri di stare vicini a loro e alle proprie compagnie, soprattutto nei fondamentali primi mille giorni», commenta Giorgio Tamburlinipresidente del CSB-Centro per la salute del Bambinopartner del progetto.

«Due terzi dei padri utilizzerebbero volentieri i congedi genitoriali, se fossero meglio retribuiti, ma almeno il 35% ritiene che avrebbe problemi sul lavoro se lo facesse. Si pone inoltre il problema del gran numero dei padri esclusi da questo diritto perché non dipendenti», illustra Barbara Vatta (CSB) commentando i risultati di un questionario che ha avuto migliaia di neo-genitori rispondenti. Tra gli altri dati significa: circa il 33% dei padri non ha usufruito del congedo e tra questi il ​​6,6% perché non sapeva di averne diritto.

Da un'indagine svolta nelle aziende, invece, solo il 45% dei padri rispondenti ha dichiarato di aver fatto uso del congedo di paternità che pure prevede l'obbligo di 10 giorni, retribuiti al 100%.
In generale, sia dai dati raccolti con i questionari, sia dall'indagine con le aziende, emerge chiaramente la grande domanda di ascolto dei bisogni espressi dalle famiglie.
Il progetto mette anche a fuoco il paradosso italiano che vede il congedo di maternità più generoso d'Europa, un indicatore di benessere superiore a quello previsto dalla normativa europea, combinato con il congedo di paternità tra i peggiori della UE. Per altro con grandi differenze regionali di utilizzo: quasi il 90% da parte dei padri nel nord-est a fronte del 15-20% delle regioni del sud.

Sono intervenuti:

Elena Bonetti (Azione). «Come attuare una genitorialità condivisa? C'è già una legge, il Family act, che prevede esattamente questo. La famiglia è l'unico ambito in questo Paese in cui andrebbe promosso un po' più di protagonismo maschile. Il congedo non è l'unico strumento possibile, ma è uno degli strumenti indispensabili. Cruciale l'implementazione delle partite IVA e dei lavoratori autonomi».

Alessandra Maiorino (M5S). «Le proposte contenute sono tutte condivisibili e spero che si riesca a fare un lavoro comune con tutte le forze politiche. Non condivido solo la proposta da portare dai 10 ai 22 giorni. Una misura temporanea che rischia di diventare poi inamovibile. L'obiettivo deve essere solo quello da portare anche il congedo dei padri alla pari con quello delle madri».

Marco Furfaro (PD). «Il concetto di congedo paritario è già sufficiente a indicare che occuparsi dei figli non deve essere più solo onere della donna. Serve una battaglia culturale, sconfiggendo un maschilismo che alberga ovunque. La parola giusta è: condivisione. Abbiamo bisogno di dare un segnale preciso a questo Paese e cioè che la genitorialità deve essere condivisa».

Chiara Gribaudo (PD). «La condivisione genitoriale è un passaggio culturale che dobbiamo fare. Occorre fornire maggiore protezione a chi ha una disabilità e quindi bisogna prevedere anche l'aumento dei riconoscimenti ai genitori di bambini e bambine disabili».

Catia Polidori (Forza Italia). «Il primo problema è culturale. Invece di anticipare i bisogni della gente, la politica sta andando a traino delle esigenze delle persone. Meglio e più efficace un approccio di premialità invece che di punibilità».

Chiara Saraceno, sociologa. «Non modificare l'attuale situazione è anche un'ingiustizia: verso i padri e verso i loro figli e figlie e anche verso le loro compagne. I congedi devono essere pagati meglio, se condivisi».

Lea James, Generali Italia. «Racconta del loro “modello ibrido”, che per esempio consente ai genitori di fare lavoro agile tutti i giorni a luglio e agosto, quando i bambini sono a casa da scuola, recuperabili poi a ottobre e novembre».

Rinaldo Pietro Platti, Prolink. «Bisogna chiedere al mondo politico di semplificare, altrimenti succede che anche chi ha un diritto non lo sa e non lo esercita. Bisogna lavorare anche sulla trasparenza e la contribuzione deve riguardare lo stipendio più alto, chiunque lo percepisca».

Marco Russomando, Banca Illimity. «La misura più importante per una vera conciliazione è rivedere tutto il sistema dei servizi all'infanzia e alle famiglie».

Pinuccia Crimi, Foro Famiglie. «Abbiamo bisogno di politiche organiche che siano strutturali dall'inizio alla fine. Il tempo dei provvedimenti spot è finito. Questo tipo di provvedimenti non porteranno mai una donna o un uomo a decidere di avere figli. Avere figli non è una questione economica, ma un atto di fiducia nel presente e nel futuro».





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