Istruzione

In tutta Europa la scuola di massa fatica ad essere scuola di qualità. Lettera – Orizzonte Scuola Notizie


Inviata da Ivana Londero – Inclusiva, multiculturale, di massa. E' la scuola dell'Europa di oggi. Una scuola che, a partire dagli anni '60, si è gradualmente trasformata, ma che ancora non riesce a trovare la quadra fra qualità e grandi numeri. In tutti i paesi europei sono presenti divari, più o meno marcati, tra regioni sviluppate e meno sviluppate, tra i quartieri ricchi delle aree urbane e le periferie più degradate e povere.

I dati, recentemente pubblicati dal Ministero dell'Istruzione d'oltremanica, e ripresi dalla BBC pochi giorni fa, ne sono un'ulteriore conferma. Sono gli esiti del GCSE 2024, l'esame che tutti i ragazzi inglesi sostengono alla fine della scuola dell'obbligo, a 16 anni, e il cui acronimo significa General Certificate of Secondary Education.

L'area metropolitana di Londra, con una percentuale di 72,5% di studenti che lo ha superato, con la sufficienza o più, svetta in cima alla classifica. Il West Midlands, al contrario, che comprende la città metropolitana di Birmingham, ha la percentuale più bassa, con solo il 63,1% di ragazzi che ha raggiunto almeno la sufficienza. Tuttavia, il dato che più preoccupa è che il gap, tra il sud dell'Inghilterra e le altre regioni del paese, si sta ampliando ogni anno di più.

Il problema non è solo dell'Italia o del Regno Unito, ma di tutti i paesi occidentali e le conseguenze sono tanto conosciute quanto preoccupanti. I giovani che non raggiungono livelli di apprendimento adeguati, hanno più probabilità di abbondonare gli studi, prendere strade sbagliate, restare disoccupati e, una volta diventati adulti, non avranno le stesse opportunità dei loro coetanei, che hanno avuto la fortuna di frequentare una scuola migliore .

Neppure la Germania riesce a garantire livelli di apprendimento omogenei su tutto il paese, ma ha individuato i punti di forza degli istituti cosiddetti “più performanti”. Ad esempio le scuole fanno meglio quando possono contare su docenti qualificati e formati, ma anche quando riescono ad attrarre ragazzi che hanno frequentato l'asilo nido e la scuola dell'infanzia (sia il segmento 0-3 che il segmento 3-6), a conferma che i benefici di una scolarizzazione precoce si protraggono nel tempo.

Dallo studio messo a punto dai tedeschi emerge, con sorpresa, che le scuole raggiungono più facilmente livelli elevati di apprendimento, quando possono contare su un'organizzazione con metodi tradizionali, regolamenti chiari e disciplina. Un punto, quest'ultimo, che dovrebbe fare riflettere. I bassi livelli, invece, sono legati alle aree dove risiedono famiglie con una bassa scolarizzazione, o dove risiede un'elevata percentuale di immigrati. Neppure i ragazzi che sono vittime di fenomeni nuovi come il bullismo o il cyberbullismo riescono a ottenere buoni risultati.

L'Italia ha destinato somme ingenti del PNRR proprio allo scopo di abbattere le discrepanze territoriali che, nel nostro paese, hanno origini storiche e sociali di vecchi dati. I risultati di tali investimenti non saranno immediati anche se, per la prima volta, le indagini nazionali, svolte dall'Invalsi, hanno messo in luce una dispersione scolastica al di sotto del 10%.

Era un target che s'inseguiva dal 2000, da quando i Capi di Stato dell'Unione Europea si riunirono in Portogallo e misero nero su bianco la Strategia di Lisbona, un programma di riforme che prevedeva, per tutti gli stati membri diversi obiettivi misurabili, tra cui quello di portare la dispersione scolastica al di sotto del 10%.

E' davvero un successo, perché i ragazzi che la scuola perdono per strada rischiando di diventare NEET (non impegnati in istruzione, occupazione o formazione), cioè persone che né studiano né lavorano e che, poi, spesso intraprendono strade sbagliate di devianza. Migliorati i dati sulla dispersione scolastica, sia esplicita che implicita, a catena dovrebbero migliorare anche i divari territoriali del nostro paese.



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