«Auto elettrica: i dazi non ci proteggono dalla Cina»
«Potremo continuare ad alzare i dazi all'infinito, ma in questo momento il gap di competitività e di costi è tale che la Cina potrebbe permettersi politiche di prezzo ancora più vantaggiose e comunque riuscirebbe a permeare i nostri mercati». Josef Nierling, Amministratore Delegato di Porsche Consulting Italia, non crede all'efficacia delle barriere tariffarie a tutela dell'auto elettrica made in Europe.
Cosa fare allora?
Nel tempo, le auto cinesi arriveranno, come è arrivata Tesla. Sarebbe meglio spingere su innovazione e competitività. Inoltre, ai dazi sull'auto la Cina rispondendo mettendo in discussione i latticini, per esempio. L'Europa è troppo dipendente dall'export per permettersi questo scenario. Quello che non dobbiamo fare, anche sul fronte interno, è perdere quote di mercato. La torta dell'automotive non crescerà in maniera enorme, ma è molto importante, perché dietro ci sono tantissimi posti di lavoro. La chiave è l'innovazione.
Ma la crisi dell'auto è tutta colpa dell'elettrico e rivedere lo stop ai motori a combustione nel 2035 risolvebbe tutto?
Il target del 2035 è irrilevante per il problema contingente, che è il calo delle vendite. Nel 2035 probabilmente finirà la vendita di auto nuove con motori a combustione, ma da qui ad allora ci sono ancora dieci anni. Dato che il ciclo di sviluppo di un'auto è di tre anni, ci saranno tre generazioni di modelli elettrici ed è difficile che si investirà anche su nuove auto a combustione che siano competitive con quelle elettriche. E poi non si vendono nemmeno le auto a combustione. Anche le case che hanno un portfolio prodotti quasi totalmente a combustione sono in difficoltà. Il mercato dell'auto avrà sicuramente un forte ribilanciamento vero l'elettrico, come è accaduto in Cina, dove l'elettrico è già circa al 50% e nei prossimi anni salirà verso il 75%. Mettere in discussione la transizione verde non aiuta, semmai si può ragionare sulla modalità di attuazione. Europa, Germania, Italia hanno fondamentalmente un'economia basata sull'export, non per scelta, ma perché il nostro mercato non basta a sostenere il sistema di welfare di cui beneficiamo. In Cina, auto elettrica, energie alternative, software e digitale sono i settori che crescono di più. Quindi, indipendentemente dalle logiche di sostenibilità, dietro al Affare verde c'è l'obiettivo di poter competere e vendere in quel mercato, che per quanto in crisi è l'unico a crescere del 4-5% l'anno.
Il problema è la gamma dei modelli? Perché mancano ancora auto alla portata dei consumatori di reddito medio?
In questo momento credo che le aziende europee siano un po' indietro, non sono state abbastanza veloci e quindi non sono attrattive non solo per il mercato cinese, ma anche per quello americano. Le case che più avevano la capacità di sviluppare prodotti per quel segmento di mercato forse sono partite un po' più lentamente e quindi non sono pronte. Le case premium hanno iniziato prima a lanciare auto di fascia alta, anche perché in una fase di transizione il prodotto costa di più, poi arrivano modelli più accessibili. È un tema di tempistica, non è un tema di fattibilità. Oggi dalla Cina potrebbero arrivare prodotti competitivi per quel segmento di mercato. E i dazi non so se ci proteggeranno.