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Addio a Franca Zambonini, grande firma di Famiglia Cristiana



Si è spesa a Roma Franca Zambonini, grande firma di Famiglia Cristiana, entrata anche nella memoria collettiva per autentici scoop epocali realizzati grazie a quel misto di grintosa determinazione e sensibilità, tipico del suo carattere.

Franca, che aveva subito un intervento per l'inserimento di un peace-maker lo scorso agosto, era ricoverata da qualche giorno all'ospedale San Carlo di Roma, dov'è morta ieri sera, probabilmente per un'infezione, e dove sabato 12 ottobre, dalle 9,30 alle 11 verrà allestita la camera ardente. Alle 15, nella stessa giornata, nella chiesa di Santa Barbara a Viterbo, le esequie. Avrebbe compiuto 94 anni il 9 novembre.

La notizia della sua scomparsa ha suscitato dolore e commozione tra gli amici ei familiari, che la ricordano come «fervida credente, attaccata a Famiglia Cristiana cui si era dedicata con amore, continuando a scrivere, fino a 5 anni fa, ritratti di donne esemplari per la rubrica Al femminile e aveva dovuto smettere soltanto dopo la brutta caduta che le causò la rottura del femore, nella sua casa sull'Aurelia a breve distanza dalla Basilica di San Pietro, dove viveva».

Classe 1930, tra i giornalisti più noti e apprezzati d'Italia, quando ancora, tra gli inviati, per una donna era molto più difficile emergere, Franca è stata “volto” di Famiglia Cristiana in diversi angoli del mondo. E non soltanto in senso figurato: nel 1989 finì sulla copertina della rivista, a tutta pagina, accanto a Raissa Gorbaciova che aveva intervistato a bordo della nave da crociera sovietica SS Maxim Gorky, dove s'incontrarono George HW Bush e Mikhail Gorbaciov, il 2-3 dicembre di quell'anno, poche settimane dopo il crollo del Muro di Berlino, per lo storico vertice di Malta. «A parte Raissa», ricordava Franca, «ho incontrato tante donne famose, da Indira Gandhi a Rosalynn Carter, moglie del presidente americano, che, per l'intervista mi fece salire sull'Air Force One, l'areo presidenziale, durante la tratta New York-Washington. La cosa buffa è che una settimana dopo lo staff della Casa Bianca mi mandò il conto da saldare, come se avessi preso un volo di linea. Gli americani sono fatti così, sempre molto pragmatici. lo misi il conto speditomi in nota spese come giustificativo e scrissi “Viaggio con Rosalynn Carter sull'Air Force One”».

Il sodalizio lungo e intenso tra lei e il giornale nacque alla metà degli anni Cinquanta. «Don Zilli», raccontava Franca storica vicedirettrice della testata, per oltre 30 anni responsabile della redazione romana, «mi telefono e mi chiese a bruciapelo: “Vuol venire a Famiglia Cristiana?” lo avevo 25 anni e collaboravo con una rivista del gruppo, Orizzontima ero docente di Greco e Latino in un liceo di Viterbo, mi dispiaceva lasciare l'insegnamento. Lui replicò: “Ho visto come scrive, abbiamo bisogno di lei, mi venga a trovare che ci accordiamo”. Don Zilli è stato un grande prete e un vero giornalista: aveva intuito, voglia di cercare nel nuovo, senso della notizia. Un Montanelli cattolico. Aveva capito che il giornale non era un limite all'evangelizzazione, ma piuttosto un'opportunità. Noi avevamo sempre il compito di far esprimere alle persone che intervistavamo il loro lato spirituale». Al colloquio Don Zilli le spiegò che voleva spazzare via dalla rivista, già piuttosto vivace, quella sorta di «retrogusto d'incenso che ancora restava per trasformarla in un settimanale «all'altezza dei grandi periodici italiani e inter-nazionali». Così, assunse una «pattuglia di giornalisti laici dalle principali testate nazionali». Fra questi: Domenico Agasso, Cenzino Mussa, Beppe Del Colle, Claudio Ragaini, Maria Grazia Cucco. Nella squadra c'era una forte componente piemontese, «forse», sottolineava la Zambonini, «perché la sede era ancora ad Alba. Erano tipi con la capoccia un po' dura, ma che giornalisti. Per seguire il Papa don Zilli chiamò un ex seminarista comboniano, Renzo Giacomelli».

La specialità di Franca diventarono sempre più le interviste a personaggi di solito inarrivabili, da Henry Kissinger a Madre Teresa di Calcutta. Clamorosa e unica nel suo genere anche la testimonianza che raccolse nel 1968 da Alessandro Serenelli, l'uomo che, il 6 luglio 1902, a 20 anni, aveva ucciso santa Maria Goretti, appena undicenne, con 14 colpi di punteruolo, dopo aver tentato invano di stuprarla. Simonelli, condannato a 30 anni di reclusione, era stato recluso dal 1912 al 1918 nel carcere di Noto, dove, incoraggiato dal vescovo Giovanni Blandini, aveva maturato il pentimento e la conversione alla religione cattolica. Nel 1929, con tre anni d'anticipo era stato scarcerato per buona condotta e aveva chiesto perdono alla madre di Maria Goretti che gliel'aveva accordato. Da allora, Serenelli aveva vissuto come giardiniere e portinaio in vari conventi. Alla Zambonini che lo incontrò in quello dei Cappuccini di Macerata dove sarebbe morto un biennio dopo, a 87 anni, per le conseguenze di una frattura del femore provocata da una caduta, espresso un rimpianto che fu il titolo dell'intervista: «Perché sono vissuto così a lungo?». Ma raccontò pure che era stata proprio Maria a convertirlo, spegnendosi mentre lo perdonava e chiedeva ai suoi cari di fare altrettanto. E spiegò che si era deciso a chiedere una riconciliazione ai Goretti in seguito a un sogno in cui la sua vittima gli offriva dei gigli che si trasformavano in fiammelle… «Mi aspettavo un uomo torbido, trovai un vecchietto lucido, garbato e colto, che aveva conosciuto anni e anni di carcere e passato tutta la vita tra i rimorsi», rammentava la Zambonini che, a proposito di santi, intervistò Madre Teresa di Calcutta. «Lei mi trattenne un mese a Calcutta prima di farsi intervistare. Ogni mattina la incontravo e le chiedevo “Quando la facciamo questa intervista?”. E lei: “Oggi sono impegnata, per passare il tempo vai in questo nuovo centro per lebbrosi a dare una mano”. Insomma, feci un mese di volontariato in tutti i centri che aveva fondato ad accudire le lebbrose-madri, a nutrire bambini orfani, a raccogliere spazzatura. Ogni mattina lei sapeva dove mandarmi. Fu un mese durissimo, indimenticabile, uno dei più belli della mia vita. La “matita di Dio” era una santa sfruttatrice per il bene degli ultimi. Guardava in viso le persone e intanto pensava: “Questo come lo posso impiegare?”».

Quella fu per Franca tutta un'epoca di scoop ed emozioni in prima linea: «Mi occupavo di tutto, ma diventai esperta di politica estera. Sono stata al seguito dei presidenti della Repubblica nelle loro visite di Stato. Andai una volta con Pertini nella Cina di Mao, che sulla Grande Muraglia mi tirò i capelli, ma per gioco. Gli fece una domanda impertinente e lui scherzosamente si avventò sulla mia messa in piega. Il problema è che lo fece davanti a un muro di fotografi. Finii con lui su tutti i giornali del mondo, in Tv, persino sulle copertine….. Che cosa aveva fatto scatenare il dittatore cinese? Poiché lui aveva dichiarato di essere «protettore della chiesa romana di San Luca», Franca con l'aria più innocente possibile, gli aveva chiesto: «Ma come presidente, lei è ateo e mangiapreti e fa il protettore di una chiesa?».

Anche sui capi di Stato italiani conserva ricordi vivaci: «Cossiga era un po' prepotente, ma poi si pentì e mi fece Cavaliere della Repubblica. Una volta andai dal cuoco del Quirinale – Rocco – e mi feci raccontare quali erano i piatti preferiti di Scalfaro. La figlia Marianna, che era un po' la sua vestale, si infuriò e fece una scenata al povero Rocco. Mi ricordo che piangeva: “Franca, ma che ho fatto di male? Che debbo fa'?”».

L'articolo che più le era rimasto nel cuore? L'intervista a Silvia Baraldini, detenuta in America, condannata a 43 anni per associazione sovversiva (faceva parte delle Pantere nere e del movimento contro la guerra nel Vietnam) nel carcere di massima sicurezza di Marianna, in Florida: «Per quello scoop», confidò, «ho qualche debito verso la mamma di mia cognata, che viveva negli Stati Uniti e fece varie telefonate».

«È stata una colonna di Famiglia Cristiana», dice don Antonio Rizzolo, direttore dell'apostolato e amministratore delegato di Editoriale San Paolo, che ha guidato la rivista dal 2017 al 2022. «Dietro le sue interviste storiche c'era soprattutto il dono di saper entrare con tutti gli interlocutori in una sorta di corrente empatica fuori dal comune , grazie al suo carattere solare e al suo parlare diretto. Era molto amata anche dalle lettrici e dai lettori, anche per la sua rubrica, Arrivederci che chiudeva il giornale e in cui analizzava dei fatti di cronaca con un taglio particolare che toccava il cuore di tutti».

E don Stefano Stimamiglio, che dirige la testata dal 2022, aggiunge: «Ho conosciuto Franca quando era già in pensione in occasione di una Messa di Natale celebrata nella redazione romana in via della Conciliazione. Mi raccontò brevemente che era molto innamorata della nostra testata e continuava e esserle legata. Ha dato moltissimo non solo a Famiglia Cristiana e al nostro pubblico, ma anche ai colleghi che hanno avuto la possibilità di lavorarle accanto, trasmettendo entusiasmo e senso della professionalità. Un esempio, davvero, non solo per la sua carriera, ma anche sul piano umano».

Anche Roberto Zichitellauno dei colleghi della redazione romana, ne ricorda l'empatia: «Franca gestiva rapporti con persone importanti, andava a colazione da Cossiga al Quirinale, aveva rapporti con Pertini, c'era quella bellissima foto di Pertini, aveva amicizie e stima con Nilde Iotti, con Tina Anselmi, senza parlare poi di Madre Teresa. Nello stesso tempo aveva una grande capacità di entrare in sintonia anche con le persone più semplici. Io, l'ho avuta qualche anno come caporedattore, peccato che fu solo un periodo breve. Un'altra cosa che colpì in lei era la sua grande curiosità intellettuale. La incontrai casualmente per strada, quando ormai era già da qualche anno in pensione, aveva già più di 80 anni ed era aggiornatissima sull'ultimo film, l'ultimo libro, programmi televisivi. E proprio questa sua eterna curiosità, l'attenzione pronta a tutto quanto le accadeva attorno, o, l'ha tenuta così, vigile, lucida, fino alla fine».





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