Economia Finanza

Colpiscono noi per colpire l'Onu. Ma non si fa




«Incidenti intollerabili… inaccettabili per il governo italiano… in netto contrasto al diritto internazionale e in aperta violazione della Risoluzione 1701» che «potrebbero costituire crimini di guerra». Il ministro della Difesa Guido Crosetto raramente le manda a dire. Ma raramente si parla di un caso. E non l'ha fatto neppure ieri. Le esternazioni dirette all'omologo israeliano Yoav Gallant e all'ambasciatore israeliano a Roma, oltre a quelle pronunciate in conferenza stampa, non esprimono soltanto lo sdegno del governo davanti al tentativo israeliano di giocare al tiro al bersaglio con i nostri caschi blu. In quelle parole si cela la rabbia per un gesto che punta a ottenere il ritiro dell'Unifil e garantire la mano libera all'esercito israeliano. Quell'attacco non si spiega altrimenti. La postazione Onu contro cui ha tirato un tank Merkava è ben conosciuta perché usata, negli anni, per incontri trilaterali a cui partecipavano anche esponenti israeliani. Ma un attacco del genere non è giustificato nemmeno dall'acredine nei confronti di una missione Onu accusata dal governo Netanyahu di non aver fermato i missili responsabilità dell'esodo di 70mila israeliani. Quando nel 2006 il Consiglio di Sicurezza votò la risoluzione 1701, piattaforma diplomatica e legale del mandato Unifil, Israele l'accettò come base per la fine delle ostilità con Hezbollah. Eppure già allora si sapeva che l'esercito libanese, a cui spetta, in base alla 1701, il compito di bloccare le armi di Hezbollah, ben difficilmente avrebbe potuto adempiere al proprio compito. Non foss'altro perché tanti suoi soldati professano la stessa fede sciita dei militanti del Partito di Dio. Ma in tutto questo c'è anche un pizzico di malafede. Quando denuncia l'insipienza dell'Unifil, Israele omette di dire che l'individuazione degli arsenali di Hezbollah non è merito esclusivo della sua imbattibile intelligenza, ma anche di quella, meno celebrata, dei caschi blu italiani e di altri Paesi. La consapevolezza del ruolo discreto ma attento svolto dall'Unifil svela, tra l'altro, le vere ragioni dell'attacco israeliano. La stessa diligenza usata per seguire i movimenti delle armi contrabbandate dal Partito di Dio potrebbe venir usata per registrare atti e operazioni israeliane che mal si coniugano con il diritto internazionale e il rispetto dei civili. Non a caso Crosetto usa il termine «crimini di guerra».

Un termine forse esagerato per la scaramuccia di ieri, ma ben più pertinente se violenze simili, o peggiori, venissero usate in futuro contro i civili. Violenze destinate a restar senza testimoni, fa capire Crosetto, se l'Unifil sarà costretto al ritiro.



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