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Stellantis, l’ad Tavares: “Nessuna amarezza, farò uno sprint fino al 2026. I politici? Alcuni negano le evidenze”


PARIGI – “Nessuna amarezza, farò uno sprint fino al 2026”, dice Carlos Tavares al quotidiano economico Gli Echi in una lunga intervista, alla vigilia del Salone dell'auto di Parigi. Tavares ostenta serenità rispetto alla fine del suo mandato alla guida di Stellantis, sottolineando di non aver finito la sua “maratona” e di aver ricevuto ancora per due anni “il sostegno unanime del cda e del suo presidente John Elkann”.

Nel lungo colloquio, il manager non nasconde le difficoltà. “Le autorità politiche ci hanno costretto a competere sul campo dell'eccellenza cinese, quello delle auto elettriche. Il risultato è una pressione competitiva estremamente intensa. Questo spiega – prosegue Tavares – i avviso di profitto delle ultime settimane. Ce ne saranno altri”. A proposito dei problemi del gruppo negli Usa, ammette di aver “fallito il piano marketing”. “Abbiamo provato qualcosa di innovativo, non ha funzionato”.

“Da settembre stiamo recuperando quote di mercato” aggiunge, rivendicando la buona tendenza nel lancio di nuovi modelli. “La nostra Alfa Romeo Junior è stata accolta con entusiasmoabbiamo ricevuto 62mila ordini per la nuova Peugeot e-3008la Fiat 600 e la Jeep Avenger sono storie di successo. Negli Stati Uniti stiamo lanciando la nuova Dodge Charger e la Jeep Wagoneer S, senza dimenticare la C3 e la C3 Aircross”.

Il manager franco-portoghese sa di essere in un momento in cui si concentrano molte critiche su di lui ma nega di essere amareggiato se non, dice, per una forma di 'autismo' di certi dirigenti politici che negano alcune 'evidenze' nell'andamento del settore. Tavares ammette alcuni errori di percorso, ma rifiuta di essere presentato come un “cost killer”, sostenendo che si tratti di una “narrazione malintenzionata e pensata per destabilizzare” il gruppo. Al tempo stesso sottolinea: “Non vedo come possiamo resistere a concorrenti che , dal punto di vista tecnologico, sono altrettanto bravi o addirittura più forti di noi, e che costano il 30% in meno, se non posso tagliare i costi”.

Ricorda che “da Chrysler a Psa, passando per Fiat e Opel, Stellantis è un conglomerato di aziende che hanno rischiato di scomparire”. E invita a guardare la realtà di una competizione senza pietà, che porterà a una “selezione darwiniana”, definizione che usa spesso Alla domanda sulla possibile vendita di marchi e chiusura di stabilimenti risponde: “Se i cinesi conquistano una quota del 10 per cento del mercato europeo alla fine della loro offensiva, significa che produrranno 1,5 milioni di auto. Ciò equivale a sette stabilimenti di assemblaggio. I produttori europei dovranno chiuderli o trasferirli ai cinesi.

Tavares ribadisce però che chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una “trappola”. “I cinesi aggireranno le barriere investendo in fabbriche in Europa. Fabbriche che saranno in parte finanziate da sussidi statali in Paesi a basso costo. Una volta fatto questo, non sorprenderci se i siti dovranno essere chiusi per assorbire la sovraccapacità produttiva che sarà stata esacerbata”. Il capo di Stellantis ribadisce poi la sua contrarietà a una revisione dei vincoli europei nel settore, come chiede tra l'altro il governo italiano. “C'è un problema di coerenza tra l'Ue e alcuni dei suoi Stati membri. Perché Stellantis dovrebbe essere schiacciato nelle controversie tra l'Ue e alcuni dei suoi membri, come l'Italia, che vogliono tornare indietro sulle decisioni prese? Oggi il sostegno o l'opposizione ai veicoli elettrici rappresenta una frattura politica”.



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