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Migranti, partita la prima nave verso l’Albania


E' partita la nave Libra della Marina Militare diretta verso l'Albania per portare il primo gruppo di migranti nei centri allestiti per sottoporli alle procedure accelerate di frontiera. Sulle persone da trasferire, soccorse in mare, è stato fatto un primo screening a bordo per verificare che abbiano i requisiti previsti dal protocollo: provenienza da Paesi sicuri, maschi, non vulnerabili. E' il ministero dell'Interno a curare l'iniziativa.

Donne, minori, persone torturate, malati vengono invece fatti scendere a Lampedusa e da qui immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali.

Cosa accade in Albania

Una volta che la nave arriverà al porto di Schengjin, nel nord dell'Albania vicino al confine con il Montenegro, i migranti residui verranno fatti scendere e sottoposti nell'hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito. Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell'Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l'interno, dove si trovano tre strutture consegnate solo il 9 ottobre al ministero dell'Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.

È qui, in questa mega struttura, che i migranti soggetti alle procedure accelerate di frontiera verranno trattenuti con un provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma che va convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma in attesa che, nel giro di quattro settimane, si decide sulla probabile bocciatura delle loro richieste d'asilo che li costringerebbe al rimpatrio.

Lo scoglio della sentenza europea

Lo scoglio contro cui il protocollo rischia di scontrarsi nelle prossime ore è la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea. Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere “alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani” in ogni sua zona e per qualsiasi persona. Ma ben 15 dei 22 Paesi considerati sicuri dalla Farnesina non rispettano questo criterio. Non la Tunisia, non l'Egitto né il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo. Se i giudici si conformeranno alla sentenza europea — come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono stato appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini — pochissimi migranti potranno essere chiusi in Albania.

Cosa farà il governo

In questo caso cosa farà il governo italiano? L'ipotesi più probabile, almeno nell'immediato, è che si vada allo contro giuridico. Da giorni i giornali di destra gridano alle “toghe rosse”. E ieri sulla Stampa il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che “ogni resistenza ideologica è destinata ad essere travolta dalla partecipazione all'ordinamento europeo spesso sbandierata proprio da coloro che adesso ci criticano. Sia chiaro – ha detto – che non ci faremo scoraggiare da queste decisioni di alcuni tribunali e contiamo di affermare le nostre ragioni con iniziative tutte interne allo stesso sistema giudiziario, impugnandole e portandole al giudizio delle massime giurisdizioni del nostro Paese”.

Dichiarazioni che secondo il dem Matteo Orfini mostrare “una certa allergia” del ministro “al rispetto delle norme e delle regole, cosa piuttosto inquietante dato il ruolo che ricopre. Il governo italiano se ne faccia una ragione e smetta di attaccare chi semplicemente fa con serietà e rispettando le leggi il proprio lavoro”, cioè i magistrati.



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