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L’audiovisivo italiano vale 2 miliardi e sogna l’estero – Notizie – Ansa.it


L'industria italiana dell'audiovisivo cresce. Lo fa nel valore della produzione, che nel 2023 ha superato i 2 miliardi (il doppio rispetto al 2017 per un tasso di crescita annuo dell'11,6%). Ma anche nei volumi per i tre canali principali di destinazione, con la sala cinematografica che segna un +21%, il video on demand +16% e la tv +8%. E registra un incremento anche nel tasso di occupazione: il 3,5% in più, confrontato con il 2022.

Sono i numeri del sesto Rapporto sulla produzione audiovisiva nazionale dell'Associazione produttori audiovisivi, presentato stamattina al cinema Barberini dalla presidente dell'Apa, Chiara Sbarigia, in uno degli appuntamenti del Mia Market 2024. Uno studio che fotografa un settore da oltre 12 miliardi di euro di ricavi nel 2023, per una crescita del 20% sull'anno. La televisione resta ancora il primo mezzo audiovisivo con 8,2 miliardi di ricavi (71% del mercato totale), mentre le piattaforme online (AVoD e Pay VoD) raggiungono i 2,8 miliardi (il 24%). Quanto ai generi, si punta sempre di più sulle produzioni rivolte ai giovani, con un aumento nel 2023 del 70% delle ore di contenuti fiction Kids e Early Teens. Ambito in cui fa meglio Discovery, l'editore che diversifica maggiormente l'offerta con il 42% dei titoli sui canali Kids, mentre Rai è prima per messa in onda di produzioni originali. Tra i generi più prodotti in Italia, la serialità è ancora oggi il formato dominante. Netflix e Paramount+ sono le piattaforme Ott prevalentemente in crescita per titoli e ore di contenuto prodotto. “La crescita della domanda di contenuti e il tax credit – ha commentato Sbarigia – sono stati gli elementi trainanti del rafforzamento del comparto registrati negli ultimi anni, che oggi sta vivendo una nuova fase di grande cambiamento ed evoluzione”. Nel 2023 gli investimenti dei fornitori di servizi di media audiovisivi (emittente della tv gratuita ea pagamento e operatori non lineari), si legge nel rapporto, hanno costituito il 57% del costo totale di produzione. Gli aiuti pubblici nazionali (in sostanza, prosegue lo studio, il tax credit alla produzione) il 30%. Il rimanente 13% proviene da produttori, distributori e fondi regionali. “Lavoreremo, se si riuscirà, ma non dipende da noi, su un tax credit che diventi strutturalmente infinito per quanto riguarda l'attrazione di capitale straniero”, ha annunciato a margine la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni.

Tra gli obiettivi per il futuro, ha dichiarato Sbarigia, “maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e alla produzione di contenuti fruibili oltre i confini nazionali”. Ma sarà fondamentale anche “il marketing”, “ormai costituente del processo creativo”, come ha spiegato l'amministratore delegato di Italia ed Iberia di Warner Bros Discovery, Alessandro Araimo.

L'internazionalizzazione può diventare anche una forma di “esportazione della cultura italiana” in un'ottica di attrazione turistica, ha ricordato Eleonora Andreatta, vicepresidente di Netflix Italia, favorita dell'intero “sistema Paese”. Un tema “su cui riflettere” anche nel servizio pubblico, come ha aggiunto la direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati, secondo cui “la cultura è uno dei fattori che rendono l'Italia uno dei Paesi più attraenti”. Per la tv, resta anche un'altra grande sfida davanti. È quella della crossmedialità e della dinamicità dell'audience. Ci sono già casi in cui si riesce a fare bene. “Viola come il mare è stato un successo – ha spiegato Daniele Cesarano, direttore Fiction di Rti-Mediaset – e lo è stato anche l'esperimento di mandarla tutta prima su Infinity e poi sulla tv lineare”.

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