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Sacrifici per tutti, tranne che per la coscienza: tra cinismo politico e diritti umani calpestati



di padre Giovanni Calcara op

Mentre i social veicolano la nostra attenzione sulla manovra economica del Governo italiano, ammonendo che “tutti dobbiamo fare i sacrifici”, Israele e la Russia agiscono senza alcun rispetto del Diritto internazionale, specificando che le migliaia di vittime sono solo causa di “effetti collaterali” per uccidere i terroristi. Nel frattempo, la Santa Sede presenta un Piano B per la pacifica convivenza tra ebrei e palestinesi, ignorato come tutti gli appelli di papa Francesco. Sembra sotto traccia, tra il cinismo di una maggioranza governativa che, tra demagogia e principi populisti, ha di fatto addomesticato la nostra coscienza umana, rivendicando principi e idee da esportare, dicono, anche agli altri governi europei.

Si tratta, come è noto a tutti, dei famigerati Centri di accoglienza e identificazione costruiti in Albania, con spese esose a carico di noi contribuenti. Solo per ricordare alcune cifre fornite dall'Ispi: 800 milioni fino al 2028, 3 milioni per i centri di identificazione, 200 milioni per gli allacciamenti, 30 milioni per le spese delle navi.

“Prima gli italiani”, uno slogan che qualcuno ancora ha il coraggio di riproporre; ebbe sì, prima i diritti dei cittadini, specialmente degli anziani e di tutte le fasce deboli (giovani, donne, famiglie numerose, disabili, ecc.), e poi la demagogia ideologica che rasenta la follia. Come giustificare lo spreco di tanti soldi, quando bastava potenziare le strutture preposte all'accoglienza già esistente in Italia? Con quale coraggio si chiedono sacrificare alle famiglie già tartassate da leggi che non vengono in aiuto per risolvere reali problemi quali la salute, la casa, la sicurezza di un reddito, la possibilità di curarsi senza dover affrontare i viaggi della speranza? Quale servizio si rende alla Nazione, quando di fronte alle ideologie viene messo da parte il rispetto dei diritti umani che, come diceva Giorgio La Pira, sono naturali, inviolabili e insindacabili? Perché non riusciamo più a indignarci di fronte a tutto ciò? Dimenticando quanto insegnava San Giovanni Paolo II: «Uno dei più gravi peccati della nostra società è l'incapacità e la non volontà di eliminare quelle strutture di peccato che offendono l'uomo».

Le stesse organizzazioni di settore, come anche il volontariato, i sindacati e tutte quelle formazioni politiche che si fanno paladine di quei diritti sopra ricordati, sembrano ripetersi in maniera pedissequa comunicati stampa, lanci di iniziative che ormai sono solo delle armi spuntate, rasentando stanchezza e incapacità di proporre, oltre alla protesta, anche delle proposte.

I mezzi per veicolare le idee ci sono: tutte le piattaforme che i social ci offrono potrebbero essere il “virus buono” con cui inondare i cellulari per risvegliare le coscienze e avere il coraggio, come insegna papa Francesco, di indicare l'alternativa della convivenza tra i popoli, come unica e vera strategia da combattente; l'obiezione di coscienza, anche fiscale, verso le spese militari; la diffusione del commercio equo e solidale; l'economia circolare e non di spreco; lo sviluppo integrale dell'uomo e il rispetto dei suoi diritti.

Tra l'utopia e la realtà, in mezzo, diceva Giorgio La Pira, c'è il nostro personale impegno e il coraggio delle nostre scelte. Il declino dell'umano non è un discorso che interessa solo la sfera religiosa della persona, ma il destino e il futuro della stessa umanità e di quella civiltà dei diritti, alla cui realizzazione hanno versato il sangue uomini e donne di ogni stirpe, lingua e religione. La profezia e la denuncia, il coraggio e la forza del bene, la fede e la ragione: tutto serve, se messo al servizio della persona e dei suoi diritti.





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