Cinema

Nine Months: su Arte.tv un appassionante racconto di resistenza femminile diretto da Márta Mészáros – Badtaste


Dopo avervi fatto scoprire i suoi Diariè ora di tornare a parlare della regista ungherese Márta Mészáros. Su arte.tv all'interno della rassegna ArteKino Classics, è disponibile da poco Nove mesiuno dei suoi primi lungometraggi di finzione: un lucido ritratto, ispirato da grandi maestri del cinema europeo, di una figura femminile resiliente all'interno della dura società socialista. Scopriamolo insieme.

Márta Mészáros tra documentario e finzione

Nata a Budapest nel 1931, esiliata in Unione Sovietica, Márta Mészáros torna in Ungheria dopo la morte del padre, lo scultore László Meszarosvittima nel 1938 delle purghe staliniane, e della madre, scomparsa durante la guerra. Dopo aver studiato cinema a Mosca, negli anni Sessanta inizia un'affascinante serie di ritratti di donne, divenendo una pioniera del cinema femminista e una delle voci più importanti del cinema dell'est Europa. Nel 2021, all'età di 90 anni, vince l'European Film Awards alla carriera.

Mészáros inizia così la sua carriera dietro la macchina da presa con diversi cortometraggi di taglio documentaristico; nel 1968 realizza il suo primo lungometraggio, Eltávozott pisolino. In seguito, molte delle sue opere lavoreranno sul confine tra fiction e non fiction. Nove mesiin particolare, presenta la prima ripresa in diretta di un parto. Nelle parole riportate dal sito del BFM, la cineasta spiega:

Lili Monori [attrice protagonista] rappresenta uno stile di recitazione completamente diverso, recita diversamente dalle altre attrici. Non è controllata, vive con ogni fibra del suo essere, soffre o si rallegra se necessario: non sta recitando. […] Amo quando un attore può piangere e ridere nella stessa scena. […] Quando le ho detto che volevo fare un film con lei, ho scoperto che era incinta. Questo è esattamente ciò di cui parla il film. Volevo che partorisse davanti alla telecamera. Non è stata una sorpresa quando è stata accettata.


Trama di Nove Mesi

La protagonista Juli lavora come operaia in una fabbrica di mattoni, dove ha una relazione con il suo caporeparto, János. L'uomo, alla notizia della gravidanza di Juli, accetta di sposarla, ma dopo il matrimonio si rivela essere estremamente autoritario, portando la donna a decidere di lasciarlo e partorire da sola: qualunque sia il prezzo da pagare, la cosa più importante è mantenere la propria autonomia e libertà.

Uscito in Ungheria nel 1976, Nove mesi si è aggiudicato il premio FIPRESCI al Festival di Cannes 1977 e il premio OCIC Forum per il nuovo cinema al Festival internazionale del cinema di Berlino dello stesso anno.

Un racconto esistenziale prima che di denuncia

Racconto di rivalsa femminile in una società patriarcale e autoritaria, Nove mesi si distingue (oggi più che mai) per la capacità di trasmettere questi valori attraverso un potente linguaggio visivo, grazie all'attenta regia di Mészáros. Sui titoli di testa vediamo i volti degli operai in fabbrica illuminati dal rosso delle fornaci, a cui fa da contraltare quello della protagonista Juli, che appare subito dopo e su cui poi la regista si soffermerà spesso. Il suo viso, sofferente ma non servile, è qui rivolto verso il fuoricampo, quasi distratto dalle parole dell'uomo che le sta parlando. Rappresentazione visiva della sua lotta in un contesto duro a prevalenza maschile e del suo carattere sfuggente. A prima vista sono ben chiari i suoi desideri e le sue intenzioni, eppure qualcosa di non detto persiste e la sua profonda interiorità rimane inviolabile. Poco dopo, lei e altri personaggi camminano all'interno di uno stretto corridoio tra il muro ei macchinari: tutti gli operai sono schiacciati da qualcosa che nemmeno conoscono.

Mészáros predilige inoltre i particolari delle mani della ragazza, evidenziando il suo legame col cinema di Roberto Bressonda cui riprende anche i toni dolenti e funebri della narrazione, suggeriti anche dall'ambientazione nevosa e sempre fredda in cui si muovono i personaggi. Allo stesso tempo, il contesto industriale che fa loro da sfondo, nonché il ritratto di figura femminile che gli uomini non riescono a comprendere, richiama l'Antonioni di Deserto rossomentre i quadretti di vita quotidiana sembrano ispirarsi al Neorealismo. Riferimenti alti a cui la regista si approccia con reverenza, prendendone spunto per poi adottare complessivamente uno sguardo già autonomo e ben delineato. Nove mesi è un film “piccolo” ma volutamente e positivamente raccontato: il discorso sociopolitico affiora senza apparire forzato. Il cuore del racconto è sempre la protagonista, i suoi dilemmi e le sue difficoltà, tra un figlio da mantenere e uno in arrivo, tra uomini che non capisce se l'amino veramente e di cui forse è meglio non fidarsi. Una storia esistenziale prima che di denuncia, e per questo ancora oggi universale.

Guarda Nove mesi

Vieni a vedere i film di ArteKino Classics

Tutti i titoli della rassegna sono visibili sulla piattaforma streaming europea arte.tvin Italia disponibile gratuitamente al sito arte.tv/itche propone la versione sottotitolata di un'ampia selezione del catalogo d'Arte, costituita da tutti i generi audiovisivi di carattere informativo e culturale: documentari e reportage, cinema d'autore, serie, programmi di infotainment, musica e spettacoli dal vivo.

I titoli sono visibili anche sulle applicazioni arte.tv per smart TV, Fire TV, Apple TV e dispositivi mobili e sul servizio tivùon di tivùsat.

Articolo in collaborazione con ArteKino e arte.tv



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