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Oggi “Pretty Hate Machine” dei Nine Inch Nails compie 35 anni


Gli anni Ottanta avevano ormai esaurito la loro energia creativa: il metal classico era ormai ridotto in cenere, ma presto da quei ceneri sarebbe nata una nuova fenice di metallo che mescolava le sonorità più heavy con altri generi musicali come il rap, il funk e l 'elettronica. Anche la musica sintetica, tanto in voga negli anni Ottanta, con le sue atmosfere ambient ed oniriche, avrebbe ceduto il passo ai ritmi più incisivi e pressanti della dance più commerciale o dei nuovi idiomi techno, industrial ed house che andavano per la maggiore nei club metropolitana.

In questo scenario cangiante ed in continua evoluzione si colloca il primo album dei Chiodi da nove pollici di Trento Reznorallora appena ventiquattrenne: “Pretty Hate Machine”, un inquietante e turbolento incrocio di nu-metal ed elettronica industriale dominato da suoni oscuri e carichi d'angoscia. Un lavoro claustrofobico suonato dal solo Trento Reznor nel quale si avverte e si respira tutta l'instabilità e la mancanza di riferimenti assoluti che caratterizzavano la vita del musicista americano all'epoca, semplice tuttofare presso uno studio di registrazione di Cleveland, Ohio.

Il tema della delusione è, infatti, piuttosto diffuso nell'album; delirio nei confronti della società, della religione, della persona amata e persino verso sè stesso. Il primo lavoro targato NiN introdurre nella freddezza della musica industriale l'elemento umano, dando vita ad una sorta di poetico flusso di coscienza elettronico che si scaglia contro quelle che Trento Si ritiene che le infezioni che indeboliscano e rendano infelice l'essere umano. In “Head Like A Hole” la fanno da padrone i soldi; il Dio del denaro non si accontenta di possedere ogni cosa, egli vuole tutto, compresa la nostra anima. La dannazione diventa palpabile, qualcosa che ci impedisce di aprirci e condividere i nostri sentimenti: ogni sogno si trasforma in un fallimento; ogni preghiera in una maledizione; ogni promessa in una misera bugia; ogni amore appare impossibile e destinato a finire, come nella struggente e dolorante “Something I Can Never Have”. Dal punto di vista emotivo l'album è vicino alle tematiche dei Divisione Gioia ed anticipare alcune delle posizioni care a tante band di Seattle, mentre musicalmente Trento Reznor mostra il fascino che esercitavano su di lui band come i Modalità Depecheio Cella morbida e gli Cucciolo magro.

“I was up Above it / Now I'm Down in it” sono gli ultimi versi di “Down In It”, una resa senza condizioni da cui nessuno di noi sembra poter sfuggire, un buco nero che si spalanca e fagocita, inesorabilmente, quello che riteniamo siano le nostre vite, quello che crediamo sia importante. Ma solo se ci rendiamo conto che si tratta di oggetti e sentimenti finti, solo se ci libereremo dai chiodi che ci impediscono di guardare la , potremo salvare le nostre verità dalla voragine che brama risucchiarle ed assoggettarle al suo morboso controllo.

Pubblicazione: 20 ottobre 1989
Durata: 48:42
Disco: 1
Tracce: 10
Genere: Roccia industriale
Etichetta: TVT
Produttore: Trent Reznor, Flood, John Fryer, Keith LeBlanc, Adrian Sherwood
Registrazione: maggio”“ giugno 1989

1 “” Testa come un buco “” 5:00
2 ““ Terribile bugia “” 4:38
3 “” Down In It “” 3:46
4 ““ Santificato “” 5:48
5 “” Qualcosa che non potrò mai avere “” 5:55
6 ““ Un po' lo voglio “” 4:34
7 ““ Peccato “” 4:05
8 “” Questo è quello che capisco “” 4:30
9 ““ L'unica volta “” 4:46
10 ““Anulare”“ 5:42



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