Cinema

Longlegs, la recensione: un incubo religioso con un grande Nicolas Cage – Badtaste


Lo abbiamo visto in quasi 100 film in tutte le fogge e personalità, dal criminale dal cuore d'oro di Arizona Junior (1987) allo scrittore aspirante suicida di Via da Las Vegas (1995). Mamma Nicolas Cage aveva ancora un altro personaggio per stupirci: Gambe lunghecostruttore di bambole con molta cipria in viso e una conclamata passione per alcuni eroi del glam rock come il Lou Reed dell'album Trasformatore (1972) e Marco Bolan dei T-Rex. Soprattutto il secondo. Possiede le loro foto appese e ha un pianoforte ventennale che ha a che fare con l'Apocalisse di Giovanni anche detto Il Libro della Rivelazione.

È solo uno degli ingredienti, puramente relativamente poco visto anche se presente fin dal prologo, del notevole horror religioso Gambe lunghe per la regia di Osgood Perkins. Piacerà assai ai fan di Ereditario (2018) di Ari Aster. Si racconta di un'America divisa tra 1974 e 1994, rigide suore castranti e reclute dell'Fbi sensitive come l'agente Cooper di Cime gemelle. Cosa prevarrà maggiormente? Il duello metafisico o l'indagine poliziesca? La magia o la deduzione? Perkins, figlio dell'Anthony star di Psico (1960), scrive e dirige un film bello strampalato dove la prova di Cage pare effettivamente normalissima vista l'eccentricità esibita di trama e ambientazione.

Siamo in un Oregon nevoso e quasi disabitato. Per quanto riguarda la regia, invece, domina un senso geometrico e tanta camera fissa a inquadrare gelidamente strade, condomini, villette a schiera e interni borghesi dove può improvvisamente scatenarsi l'inferno. Ennesima prova che con l'horror, ormai, si può fare di tutto come parlare di traumi familiari riunendo un cast chic composto da Maika Monroe, Alicia Witt (scoperta da Lynch da bambina), Blair Underwood e appunto il già citato Cage.

Possibilità di saga (finale furbissimo) e buon successo mondiale (meno di 10 milioni di dollari di budget e oltre 100 milioni in tutto il mondo) per un'altra buona entrata nell'ormai sempre più popolato sottogenere del cosiddetto “elevated horror”. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: ma in Italia, esattamente, perché non ci proviamo pure noi sempre più sistematicamente?



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