Economia Finanza

Blinken preme su “Bibi”. E Hezbollah lo minaccia




Antony Blinken tenta ancora una volta di far ripartire le trattative per cessare il fuoco a Gaza, mentre Israele intensifica la sua offensiva in Libano contro Hezbollah e conferma l'eliminazione in un attacco aereo alla periferia sud di Beirut, tre settimane fa, di Hashem Safieddine, presunto successore dell'ex leader ucciso, Hassan Nasrallah.

Prima tappa dell'11esimo viaggio in Medio Oriente del segretario di stato Usa da quando è scoppiata la guerra un anno fa è l'incontro a Gerusalemme con Benjamin Netanyahu. Incontro al centro del quale ci sono stati non solo i negoziati per gli ostaggi e la tregua a Gaza, ma anche la prevista rappresaglia di Israele all'Iran («la risposta all'attacco del primo ottobre sia moderata», ha chiesto Blinken), e il piano di Washington per la tregua in Libano. Il capo della diplomazia americana ha esortato il premier israeliano a «capitalizzare l'azione di successo che ha fatto giustizia del leader di Hamas, Yahya Sinwar, assicurando il rilascio di tutti gli ostaggi e ponendo fine al conflitto a Gaza» ha sottolineato il portavoce di Fondo nebbioso Matthew Miller. Ma Blinken ha pure riaffermato la necessità che lo Stato ebraico «adotti ulteriori misure per aumentare e sostenere il flusso di assistenza umanitaria e garantire che questa raggiunga i civili in tutta la Striscia». Solo una settimana fa, gli Usa hanno minacciato di congelare l'invio di armi se non ci fossero progressi nella fornitura di assistenza ai palestinesi a Gaza, dove le Nazioni Unite parlano di una situazione catastrofica.

L'ufficio del leader israeliano, da parte sua, ha detto di aver discusso con l'alleato il «tipo di governo a Gaza dopo la guerra», e di unire le forze contro la minaccia dell'Iran. Il capo della diplomazia Usa, che sarà in Medioriente fino a venerdì, ha poi presentato a Netanyahu il piano degli Stati Uniti per arrivare al cessate il fuoco in Libano. Come riferito dal portavoce, Blinken ha nuovamente chiesto una «risoluzione diplomatica» nel Paese dei cedri e il rispetto della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza Onu del 2006 (secondo cui la missione Unifil deve aiutare l'esercito libanese a preservare la zona di confine meridionale con Israele dall'afflusso di armi o milizie). Il piano arriva mentre un rapporto riservato, rilanciato dal Financial Times, si riferisce del sospetto che l'Idf abbia usato fosforo bianco quando è entrato in una base Onu dove ha ferito 15 soldati.

Intanto emergono i dettagli della proposta Usa, il cui «scopo è impedisce qualsiasi presenza armata nelle zone libanesi e nei villaggi vicini al confine», ossia espandere l'area dove non ci sarà la presenza di Hezbollah a qualche chilometro oltre il fiume Litani. Il piano – si legge – mira a una soluzione politica che modifica la risoluzione 1701, rafforzando Unifil e dandole l'autorità di perquisire casi, veicoli o avamposti sospettati di contenere armi.

Hezbollah, nel frattempo, ha rivendicato l'attacco di sabato scorso alla residenza a Cesarea di Netanyahu, definito criminale di guerra e leader del flagello sionista». Dopo l'attacco, il leader dello Stato ebraico aveva accusato «gli alleati dell'Iran» di aver tentato di uccidere lui e la moglie, mentre Teheran ha cercato più volte di prendere le distanze dall'accaduto, attribuendo la responsabilità al solo Hezbollah.

I miliziani sciiti, finanziati e armati dalla Repubblica islamica, minacciano peraltro di riprovarci: «Se le nostre mani non ti hanno raggiunto questa volta, tra noi e te ci sono giorni, notti e terreno». E il movimento ha anche chiuso la porta (per ora) ai negoziati, affermando che non ci saranno trattative finché continuerò a combattere con Israele.



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