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Il testamento di Sammy Basso, un inno alla vita e alla fede in Dio



Cari amici lettorici sono tanti modi di affrontare la sofferenza e la morte. Anche per i credenti non è facile confrontarsi con queste realtà, che ci segnano tutti. Si può vivere una vita “bella” anche toccati da una sofferenza? Possiamo sperare in qualcosa dopo la morte? Proprio in relazione a questi interrogativi pressanti risulta tanto più luminosa la storia di Sammy Bassoche vi raccontiamo a pag. 24, il giovane malato di progeria i cui funerali hanno commosso tantissimi italiani. Dal suo testamento trasudano – oltre alla leggerezza e all'autoironia che lo hanno sempre contraddistinto – una fede e una speranza esemplari per un ragazzo che sapeva di essere “destinato” una morte precoce.

Sammy era ben cosciente della sua malattia, che «ha segnato profondamente la mia vita»ma ha avuto la forza di «abbracciare la vita per com'era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida… semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio». Un simile atteggiamento attivo – anzi creativo – si rivela anche nel suo modo di vivere la sofferenza: «Non si tratta di trovare i lati positivi quanto piuttosto di crearli». Le parole più forti e commoventi sono però quelle dedicate alla morte. «È la cosa più naturale della vita. Eppure ci fa paura!»scrive. Ma – ed è la sua prima riflessione – «la morte ci fa sapere che non c'è sempre un domani, che se vogliamo fare qualcosa, il momento giusto è “ora”!».

A questo modo “positivo” di guardare alla morte si salda lo sguardo di fede: «Per un cristiano però la morte è anche altro. Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l'unico modo per vivere realmente, è l'unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l'unico modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da cristiano ho affrontato la morte». Colpisce come un ragazzo giovane, per di più con una formazione scientifica, possa parlare in modo così fiducioso della morte, senza recriminazioni, lui che era una persona piena di vitalità e gioia di vivere: «Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato». Come san Francesco, spera di poter accogliere la fine della vita come “Sorella Morte”.

Sammy rivela la sorgente di questa sua fiducia: «Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l'ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana». E infine la sua certezza senza fronzoli: «Ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri… Davanti alla morte nulla ha più senso se non Lui». Parole semplici ma straordinarie, perché incarnano la speranza cristiana della vita eterna. Sammy ci testimonia la grandezza dell'umano e dell'umano illuminato dalla fede. Dove gli uomini vedono disgrazia, la fede sa vedere benedizione. Dove lo sguardo umano vede il nulla, gli occhi della fede vedono l'eterno.

Come ricordava papà Francesco nell'udienza di mercoledì scorso, «la fede ci libera dall'orrore di dover ammettere che tutto finisce qui… La vita che ci è data dallo Spirito Santo è vita eterna!». Crediamo noi questo?





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