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Sinner e il caso doping: “Mi ha mostrato chi era davvero mio amico e chi no”


“Mi ha mostrato chi era davvero mio amico e chi non lo era. Mi sono reso conto che persone che ritenevamo amiche non lo erano, mentre altre che non pensavano lo fossero lo erano e lo sono”. E' un passaggio relativo al caso di doping dell'intervista a Jannik Sinnercontenuto nella produzione originale Sky Sport 'Jannik, oltre il tennis – Capitolo 3', in onda da venerdì 25 ottobre.

Peccatore: “Agli Us Open mi guardavo intorno per osservare gli sguardi degli altri”

“E' stato un periodo delicato – aggiunge Peccatore -, non sapevo come comportarmi, non erano cose sotto il mio controllo. Non dormivo, come la sera prima del match contro Medvedev (quarti di finale a Wimbledon, ndr). Una mattina invece mi sono svegliato e ho realizzato che anche la decisione del giudice non dipendeva da me. Allo US Open, dopo che il caso era diventato di dominio pubblico, ho dovuto cambiare il mio programma di allenamento, mi guardavo intorno per osservare gli sguardi degli altri”.

L'importanza della squadra

Un periodo difficile, nel quale “il mio team mi è stato vicino tutto il tempo perché mi serviva. Per esempio, Darren (Cahill, ndr) non è andato a casa in Australia ed è venuto da me, è stato con me, mio ​​papà è venuto Grazie a loro io mi sono sentito al sicuro, protetto”. Il tennis, concludono, “è il mio lavoro e la mia passione. C'era da separare il problema e il lavoro. E io ho sempre cercato di stare bene in campo, mi sono sempre preparato mentalmente per giocare bene e alla fine proprio per questo ci sono riuscito. Anche perché, questa è la cosa più importante, se io avessi saputo che era colpa mia, secondo me non avrei giocato così”.

Sinner e Alcaraz a Riad dopo la finale del Six Kings Slam

Sinner e Alcaraz a Riad dopo la finale del Six Kings Slam (afp)

“Giocherò altri 15 anni”

Sinner spiega che “se domani voglio andare a casa posso anche andarci, ma non voglio perché la mia carriera è iniziata quando a 13 anni e mezzo sono andato via di casa. Ora ho 23 anni e sono arrivato al punto che ho sempre sognato: diventare il numero uno. È proprio ora che uno deve continuare a lavorare e migliorare, perché ci sono tutti i giocatori che ti vogliono inseguire”. E sul futuro: “Giocherò altri 15 anni e speriamo che il fisico tenga. Si pensa che 15 anni siano lunghi, ma non è così perché oggi mi dicevo 'quest`anno è passato veramente veloce'. Stiamo cercando di fare tutte le scelte per continuare a giocare il più a lungo possibile, ma non possiamo nemmeno buttare via il tempo perché è un bel equilibrio di miglioramento. Lavorare, voglia di vincere e avere intorno le persone che vuoi e ti possono aiutare”.



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