Economia Finanza

Strage all'aerospaziale. “Sono terroristi del Pkk”




«Continueremo a rafforzare la nostra industria della difesa». Risponde così il presidente turco Recep Tayyip Erdogan all'attacco terroristico contro lo stabilimento della Turkish Aerospace Industries (TAI) a Kahmankazan, poco fuori la capitale, sferrato nel pomeriggio del 23 ottobre. Il bilancio è di 5 morti e 22 feriti (di cui tre gravi). Tre terroristi, tra cui una donna, sono giunti in taxi all'ingresso del complesso, impugnando armi d'assalto e scatenando il panico. Una volta nella struttura avrebbero provocato alcune esplosioni in corrispondenza dei varchi di uscita. Immediata la reazione delle forze di sicurezza che condotto hanno nei rifugi i dipendenti, con il rapido arrivo di ambulanze ed elicotteri. Dopo un conflitto a fuoco durato meno di due ore, gli assalitori sono stati neutralizzati. Tra i morti figura il tassista.

Nella struttura erano presenti anche 11 tecnici italiani, tra cui 8 di Leonardo, che sono riusciti a lasciare l'area in sicurezza e senza alcun intoppo. Al momento dell'attacco nella sede della Tusas non c'erano i vertici nazionali della difesa, il Presidente dell'industria della difesa (SSB) Haluk Görgün e il dg della TAI Mehmet Demiroğlu perché impegnati alla fiera internazionale Saha Expo in svolgimento a Istanbul, a cui era presente anche il ministro della difesa italiano Guido Crosetto.

La Tusas è perno strategico dell'industria militare del Bosforo perché attualmente gestisce importanti programmi di produzione nel campo dell'aviazione e della difesa, tra cui il caccia di quinta generazione Kan e il nuovo drone da combattimento.

Immediata la solidarietà di tutto il mondo politico, occidentale e orientale. Giorgia Meloni (che due giorni fa aveva avuto una conversazione telefonica con Erdogan) ha espresso «cordoglio e sincera vicinanza alle autorità turche». Il neo segretario generale della Nato Mark Rutte è al fianco «del nostro alleato Turchia», condannando fermamente ogni forma di terrorismo.

Il cancellier tedesco Olaf Scholz si è detto «sconvolto dalla notizia dei morti e dei feriti ad Ankara, siamo al fianco del nostro partner, la Turchia». Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato «l'attacco contro i civili», così come il presidente russo Vladimir Putin e come l'ambasciata degli Stati Uniti in Turchia.

Ma chi ha organizzato l'attacco? Secondo il ministro della Difesa turca, Yaar Guler, il regista sarebbe il Pkk, l'organizzazione terroristica separatista curda: «Nonostante tutti i colpi che infieriamo a questi terroristi senza onore, non capiscono la lezione – ha dichiarato – Lo ripeto qui, fino a quando anche l'ultimo terrorista non sarà eliminato noi non ci fermeremo». Le sue parole fanno il paio con la provocatoria idea avanzata dal partner politico di Erdogan, Bahtceli, che ha ufficialmente proposto di trasferire Ocalan dalle carceri di Imrali al parlamento turco di Ankara, con l'obiettivo di condannare il Pkk e allo stesso tempo aderire alla nuova entità del partito curdo, diventandone potenzialmente alleato di Erdogan.

Un quadro analitico molto complesso, che va messo in relazione almeno ad altri tre fatti: le minacce di Erdogan contro Israele (che sostiene i curdi), il vertice dei paesi Brics a Kazan, sotto

“l'ombrello” di Putin, al quale la Turchia presenterà richiesta di adesione e la recente scomparsa negli Usa del predicatore Fetullah Gulen, considerato da Erdogan il mandante del fallito golpe del 2016 e il capo del gruppo Feto.



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