Don't Move: la recensione del film thriller di Schindler e Netto, produce Raimi (su Netflix)
25/10/2024 recensione film Non muoverti di Gioia Majuna
Kelsey Asbille e Finn Wittrock sono al centro di un'opera che tenta di esplorare il tema dell'autonomia femminile, ma finisce per offrire una visione limitata e soffocante della protagonista
Per molto tempo, il cinema ci ha mostrato una rappresentazione ripetitiva: uomini che vendicavano donne vittime di crimini, sempre commessi da altri uomini. Questo cliché ha dominato la narrazione per decenni, riflettendo una visione patriarcale della vendetta e del ruolo delle donne come semplici vittime.
Tuttavia, con il tempo e il cambiamento culturale, questa idea ha iniziato a perdere popolarità. Finalmente, le donne hanno avuto l'opportunità di vendicarsi da sole sul grande schermo, assumendo ruoli attivi in storie in cui potevano finalmente combattere per se stesse.
C'era però un problema non trascurabile: la maggior parte di queste storie erano ancora scritte e dirette da uomini. Nonostante il progresso verso una maggiore presenza femminile nei film d'azione e nei thriller, la rappresentazione delle donne sullo schermo rimaneva intrappolata nella visione maschile, limitando la portata e la profondità della loro magnificenza.
Anche se ci sono dichiarate interessanti eccezioni nel tempo, come “La sposa in nero”, “Kill Bill”, “Gone Girl”, “Audizione“, “Spia”, “La Llorona“o”L'uomo invisibile“, queste opere erano rare.
I film diretti da donne, che raccontavano storie di donne che si ribellavano al patriarcato con una dose di violenza giustificata, come”Vendetta“, “Violazione” e “Il corpo di Jennifer“, avevano qualcosa di più potente, un'energia e una verità che quelle scritte dagli uomini difficilmente potevano raggiungere.
Un esempio di questo dilemma si trova ora in Non muovertifilm arrivato dritto nel catalogo di Netflix diretto da Adam Schindler e Brian Nettoscritto da TJ Cimfel e David White.
La storia segue Iris, una donna che, dopo aver perso il figlio, sale in macchina all'alba senza avvertire il marito e si dirige verso una collina. Arrivata in cima, si scopre che è il luogo in cui suo figlio Mateo ha perso la vita, e Iris è lì per ricordarlo. Dopo aver lasciato un giocattolo accanto alla sua foto, si avvicina alla scogliera con l'intenzione di suicidarsi.
Viene fermata da un uomo che si presenta come Richard. Dopo aver parlato a lungo con Iris e averla apparentemente salvata dal compiere un atto estremo, Richard rivela la sua vera identità: non è un buon samaritano, ma un serial killer. Dopo averla immobilizzata con un agente paralizzante, minaccia la sua vita, e lei dovrà lottare per la propria sopravvivenza prima che il farmaco faccia effetto e le tolga ogni possibilità di difendersi.
L'idea di base di Don't Move è sufficientemente intrigante: una donna che, privata della sua autonomia, deve lottare contro un assassino che vuole privarla della sua vita. Tuttavia, il problema risiede nel modo in cui la storia è raccontata.
Nonostante il potenziale della trama per esplorare temi di autonomia e controllo sul proprio corpo, il fatto che la sceneggiatura sia scritta e diretta da quattro uomini (più Sam Raimi in produzione) solleva delle perplessità. Sebbene Don't Move possa essere visto come una riflessione sulla mancanza di controllo delle donne sui propri corpiil modo in cui è narrato sembra ridurre la protagonista a una semplice vittima, incapace di prendere decisioni per se stessa.
Questo tipo di rappresentazione risulta debole, soprattutto se confrontato con opere in cui le donne hanno la possibilità di esercitare il loro potere e la loro volontà, anche in contesti di violenza.
Un altro problema risiede nel modo in cui Don't Move affronta la tematica della paralisi fisica. L'agente paralizzante usato su Iris diventa una metafora evidente della suddetta mancanza di controllo delle donne sui propri corpi, ma l'esecuzione narrativa non riesce a dare profondità a questo tema.
Invece di essere una riflessione acuta sull'autonomia femminile, Don't Move sembra quindi cadere nella trappola di offrire un'esperienza voyeuristica della sofferenza femminilesenza aggiungere una critica significativa al sistema patriarcale che cerca di controllare le donne.
Se guardiamo alla rappresentazione della protagonista femminile, la situazione peggiora. Mentre nei film d'azione con protagonisti maschili i personaggi possono essere esagerati e supereroici senza perdere credibilità, una protagonista femminile in un film sull'autonomia corporea viene costretta a una dose di realismo stridente.
La tensione tra ciò che Don't Move cerca di comunicare e il modo in cui lo fa è evidente, soprattutto quando si arriva alla svolta finale, dove la protagonista viene presentata come un'eroina che sfida apertamente il patriarcato. Tuttavia, la risoluzione del film tradisce le premesse iniziali, trasformandosi in una visione limitata e artificiosa della forza femminile, raccontata attraverso la lente degli uomini.
Nonostante le lodevoli intenzioni di base quindi, Don't Move non riesce a offrire una rappresentazione convincente dell'autonomia femminile. Le dinamiche tra Iris e Richard, invece di essere uno scontro significativo tra vittima e carnefice, sembrano essere finalizzate a evidenziare le qualità attoriali di Finn Wittrock (Rastrellato), che interpreta il maniaco.
Il 39enne è sicuramente talentuoso, e il suo ritratto di un uomo metodico che perde lentamente il controllo è convincente. Ma la sua presenza domina così tanto il film da oscurare completamente la protagonista femminile. Anche se Kelsey Asbille (Yellowstone), che interpreta Iris, offre una performance toccante e complicatagran parte del film la costringe a un ruolo passivo, incapace di esprimere appieno la sua potenza emotiva.
Alla fine, Don't Move si rivela un thriller con molte buone intenzioni, ma con una realizzazione debole. Cerca di affrontare questioni complesse, ma finisce per ridurre la protagonista a un ruolo di vittima silenziosa, mentre il focus si sposta sulla performance del cattivo maschile.
E in un'epoca in cui il cinema dovrebbe dare voce alle donne e permettere loro di raccontare storie complesse e sfaccettate, Don't Move rimane intrappolato in una narrazione vecchiain cui le donne sono definite più dalle azioni degli uomini che dalle proprie scelte. Questo film ci ricorda quanto sia ancora necessario un cambiamento nell'industria cinematografica, dove le donne non solo devono essere protagoniste delle storie, ma anche creatrici di quelle stesse storie.
Di seguito trovate il trailer completo internazionale di Non muoverti, in streaming dal 25 ottobre:
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